Il parlamento europeo sta lavorando a una direttiva che vuole modificare il mondo del lavoro delle piattaforme digitali. Se n’è parlato al convegno promosso da Legacoop Emilia-Romagna a cui era presente anche la deputata bolognese del Parlamento europeo Elisabetta Gualmini, relatrice della direttiva.

«L’Europa sta lavorando per una mini-rivoluzione nel mondo del lavoro delle piattaforme digitali». Lo assicura la deputata bolognese del Parlamento europeo, Elisabetta Gualmini, nell’ambito del convegno promosso da Legacoop Emilia-Romagna “Piattaforme cooperative: Visioni, imprese e politiche per lo sviluppo” tenutosi venerdì scorso a Spazio Dumbo in via Casarini a Bologna. Gualmini è relatrice della direttiva sui lavoratori delle piattaforme con cui per la prima volta le Istituzioni europee pensano di disciplinare e offrire un quadro generale di tutele e di diritti per tutti quei milioni di lavoratori in Europa che lavorano con piattaforme digitali, come, ad esempio i ciclofattorini (riders) che lavorano per Justeat, Deliveroo e altre piattaforme, per intenderci. 

Questa “rivoluzione” consisterebbe fondamentalmente in 3 punti: identificare i lavoratori in dipendenti (e non autonomi) se ci sono prove che effettivamente siano dipendenti, assicurarsi che non sia l’algoritmo a prendere decisioni importanti per un lavoratore (ma che lo facciano delle persone umane) e che i dati utilizzati dalle piattaforme digitali siano quelli inerenti alla vita lavorativa del lavoratore e non a quella personale. La categoria di chi lavora per le piattaforme digitali «non può essere regolata secondo norme ibride e ad hoc, ma se i lavoratori dipendono in tutto e per tutto dall’algoritmo nei tempi di lavoro, nell’organizzazione delle pause o delle ferie, ad esempio, allora in realtà sono e devono essere considerati dei lavoratori dipendenti dell’azienda e non autonomi. Quindi con questa direttiva (che verrà approvata entro un anno) proviamo a correggere lo status dei lavoratori che spesso vengono ritenuti autonomi ma che in realtà non lo sono», dichiara Gualmini.

Un secondo punto è la gestione dell’algoritmo. Le informazioni dovranno essere più trasparenti per i lavoratori che devono essere in grado di capire con cosa e con chi hanno a che fare. Con la direttiva «chiediamo che le decisioni più rilevanti su eventuali licenziamenti, assunzioni, organizzazioni del lavoro debbano essere prese non dall’algoritmo, e quindi non da un sistema automatizzato di decisione, ma da una persona, da un contatto umano. Chiediamo, inoltre, che sulla questione importantissima dell’utilizzo dei dati, che le piattaforme digitali si attendano a quelli della vita lavorativa e non a quella personale. Questa direttiva quando sarà pronta sarà vincolante e quindi obbligatoria per gli Stati appartenenti all’Unione europea che dovranno quindi recepirla», dice la deputata europea. 

Sull’argomento della direttiva europea su cui sta lavorando la deputata bolognese è intervenuta la presidente di Legacoop Bologna Rita Ghedini: «Pur riscontrando alcuni aspetti critici, che possono riguardare la cooperazione tra lavoratori autonomi o tra imprenditori, auspico che lo spirito della direttiva possa essere recepito nell’ordinamento e anche la scelta binaria, cioè lavoratori subordinati o autonomi, è condivisibile». 

Un’altra mini-rivoluzione delle piattaforme digitali può arrivare dalle cosiddette piattaforme cooperative, argomento cardine del convegno promosso, oltre che da Legacoop, anche dalla Fondazione Centro Studi Doc, Rete Doc e AlmaVicoo, e in cui sono intervenuti anche numerosi altri relatori e relatrici che hanno parlato di esperienze, imprese e progetti di piattaforme cooperative in grado di coniugare tutela del lavoro, innovazione e responsabilità verso il territorio.

Queste piattaforme cooperative non sono altro che modelli di impresa alternativi alle logiche estrattive delle grandi piattaforme che darebbero, quindi, maggiori risposte ai bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici. «Sono un’alternativa democratica alle piattaforme digitali perché fondamentalmente non sfruttano i lavoratori. Il possesso della piattaforma (nel caso delle piattaforme cooperative) è in mano ai lavoratori, mentre in quelle classiche sono esternalizzati. Nelle piattaforme cooperative i lavoratori possiedono la piattaforma e possono organizzarla come vogliono. Ogni lavoratore diventa socio, acquisisce una quota e può partecipare alle decisioni della cooperativa e quindi partecipare alla struttura del lavoro. Inoltre, i dati dei lavoratori vengono usati in modo più trasparente. Nelle piattaforme cooperative l’algoritmo è in mano ai soci e non è utilizzata per organizzare il lavoro come avviene per le piattaforme digitali non cooperative», dichiara Francesca Martinelli, direttrice Fondazione Centro Studi Doc e relatrice al convegno organizzato in collaborazione con Coopfond, Innovacoop nodo territoriale Pico, Fondazione Barberini e Vicoo Platform. 

I lavori sono stati aperti da Piero Ingrosso, vicepresidente di Alma Vicoo, e dagli interventi di Erika Capasso presidente della Fondazione Innovazione Urbana, Simone Gamberini, direttore generale di Coopfond, e Giovanni Monti, presidente di Legacoop Emilia-Romagna. 

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