Decreto Coronavirus, per discoteche e locali «una mazzata micidiale»

A causa del decreto del governo che ha sospeso le discoteche almeno fino al 3 aprile per tamponare la diffusione del Coronavirus, l’intrattenimento notturno bolognese è in ginocchio: secondo i gestori dei locali il danno è finora stimabile al 4,5% circa degli incassi annui. Una perdita economica che colpisce duramente la nostra regione, essendo l’Emilia-Romagna la terza area italiana con il maggior numero di discoteche dopo la Lombardia e la Toscana. Ad essere danneggiati non sono solo i locali che, secondo i dati dell’associazione Italiana Imprese di Intrattenimento (SILB-Fipe) avrebbero un volume d’affari medio annuo di 280mila euro per ogni singola attività, ma anche i dipendenti, di cui un 36,1% sono giovani dai 20 a i 30 anni. Per attenuare questa crisi, ieri il SILB-Fibe ha inoltrato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte in cui si richiedono una serie di misure che incidano sulla riduzione dei costi del lavoro e sulla dilazione degli oneri fiscali e contributivi. L’obiettivo è quello di evitare il fallimento di numerose imprese del settore, il cui fatturato deriva per il 59,5% dal turismo.

Anche per una delle discoteche del centro di Bologna, il Qubò Club di vicolo Sampieri, 3, la situazione è drammatica. Per via di una prima ordinanza della Regione Emilia-Romagna il locale è chiuso dal 23 febbraio, in un periodo che fino a fine marzo è considerato dai gestori bolognesi come di “alta stagione”. Con quattro serate settimanali perdute, il danno economico è quantificabile in decine di migliaia di euro. «Non è solo una questione di soldi, ma di apprensione per quelli lasciati a casa da lavorare, persone che collaborano con noi da anni e che per me sono una famiglia», ha dichiarato alla Gazzetta di Bologna Oliviero Giovetti, uno dei soci del Qubò e presidente del SILB-Fipe di Bologna e provincia. Poi ha aggiunto: «Il problema è che quando finirà questa situazione non si sa se cesserà anche la fobia del virus e se riusciremo subito a riempire le discoteche. Sarà molto lunga». 

Le misure di contenimento dell’epidemia hanno colpito duramente anche i circoli AICS (Associazione Italiana Cultura e Sport) che gestiscono locali come il Locomotiv di via Sebastiano Serlio, 25/2 e il Link di via Francesco Fantoni, 21. Secondo l’AICS, che conta 107mila soci nell’area metropolitana di Bologna, solo nella prima settimana dell’ordinanza sono stati annullati circa 26 concerti. Un numero equivalente di cancellazioni si è verificato nei giorni a seguire, tra cui molte date con artisti internazionali. Solo al Link e al Locomotiv lavorano, per ogni serata, circa 70 persone tra artisti, guardarobieri e tecnici. Si tratta di un settore che ha un livello di contrattualità bassissimo essendo formato da volontari e collaboratori occasionali, e sono quindi i primi a rimanere senza stipendio. Assieme ad Arci, AICS ha firmato un documento intitolato “La cultura non si contagia”, in cui si chiedono dei provvedimenti urgenti per aiutare questo settore. «Sulla parte culturale abbiamo preso una mazzata micidiale», ha detto al nostro giornale Serafino D’Onofrio, presidente AICS dell’area metropolitana. «Bologna deve essere viva, reattiva, deve mantenere il suo nome di “Città della Musica”». 

Al circolo Arci Millenium, in via Riva di Reno, 77/a, si respira aria di rassegnazione. I gestori, pur rispettando la gestione dell’emergenza, sono momentaneamente impossibilitati nella programmazione degli eventi che sono spesso organizzati con la collaborazione di altri staff. Tra questi, la serata di fine marzo di “Sapore di male”, un evento ideato dall’omonima pagina Facebook che ha quasi 300mila seguaci. «Non è il caso di piangerci addosso, non siamo gli unici ad essere colpiti. È così anche per gli altri settori», ha affermato al nostro quotidiano Giacomo Adelizzi, il responsabile della comunicazione del Millennium«Il problema è che a Bologna non si respira l’aria del reagire, del fare qualcosa». Per ora, il loro modo di rispondere alla crisi è quello di informare il proprio pubblico attraverso i social network, in modo da evitare un’ulteriore confusione. 

Nelle sedi di Arci, che includono circa 150 circoli tra Bologna e provincia, si fa la conta dei danni attraverso dei questionari. Le stime attuali, per dei luoghi che hanno varie attività di autofinanziamento rivolte sia all’intrattenimento giovanile che agli anziani, sono di diverse centinaia di migliaia di euro. La presidente del comitato metropolitano Arci Bologna Rossella Vigneri si augura che emergano delle soluzioni sia a livello comunale che regionale, e che per l’estate ci sia la possibilità di organizzare eventi all’aperto.«Fermare la socialità e l’aggregazione è giusto come gesto di responsabilità, ma non bisogna dimenticare che la cultura è un fattore importante per la ripresa», ha dichiarato la presidente Arci alla Gazzetta di Bologna. Poi ha sottolineato: «Bisognerebbe prendere il “buono” di questa emergenza per ragionare in modo propositivo sui problemi del lavoro».

Gli artisti bolognesi, però, non si danno per vinti. Un esempio è la drag queen Kelly Rocharesident del circolo ricreativo LGBTQ+ Red Club di via del Tipografo, 2, che ieri sera ha pubblicato sul suo profilo Facebook una foto che la ritrae con una mascherina dipinta sul volto. Nel messaggio che accompagna l’immagine, la drag queen ha invitato i colleghi artisti a diffondere le loro foto con l’hashtag #IAMARTIST, con l’obiettivo di ricordare la loro importanza e di «condividere su web immagini potenti e bellissime del loro talento». L’iniziativa ha già diverse centinaia di reazioni. 

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