Il grande sconfitto delle elezioni regionali dell’Emilia Romagna non è solo Matteo Salvini, ma il dilagante populismo. Tutti i cavalli di battaglia della disinformazione sovranista, da Bibbiano all’episodio del citofono in cui un 17enne italo-tunisino del rione bolognese del Pilastro veniva accusato di spaccio di droga, sono stati rigettati dalla realtà del voto. A Bibbiano, con 3 sezioni scrutinate su 7, il Partito Democratico (PD) guadagna il 42,2% e il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini (centro-sinistra) si prende il 58% delle preferenze. La candidata leghista Lucia Borgonzoni, invece, si ferma al 36%. Questi dati vanno ben oltre la media regionale, che ha assegnato al PD il 34.5% dei voti e ha confermato Bonaccini con il 51,2%. A Bologna l’affluenza è cresciuta del 30% rispetto al 2014, e al Pilastro la Lega ha ottenuto solo il 18%.

La retorica divisiva del leader leghista, che comprende lo slogan “Parlateci di Bibbiano”, il giustizialismo porta a porta e un generico razzismo, ha contribuito a far nascere a Bologna il movimento delle Sardine che da allora ha tallonato Salvini in ogni comizio. Lo scorso 14 novembre le Sardine hanno portato 11mila persone a protestare in Piazza Maggiore, presenze che sono poi quadruplicate durante l’evento “Bentornati in mare aperto” del 19 gennaio in piazza VIII agosto. La risposta della Lega si è concentrata sugli attacchi personali ai vari esponenti del movimento, accusati di essere manovrati da Prodi o di non avere un programma politico. Difficile non constatare come la visibilità di queste proteste abbia sensibilizzato l’elettorato, che solo nella circoscrizione Bologna ha portato l’affluenza dal 39,75% del 2014 al 71% di ieri. Bonaccini stesso, rispetto alle passate elezioni regionali che lo avevano visto vincitore, cresce di quasi il 10% nel capoluogo emiliano. 

Sottovalutare le Sardine non è stato l’unico errore di Salvini. L’episodio di martedì scorso, in cui l’esponente del nazionalismo italiano ha accusato, via citofono, di spaccio di stupefacenti un minorenne italo-tunisino del rione Pilastro di Bologna, ha causato malumori all’interno dello stesso centrodestra. Il gesto del capo della Lega ha avuto un risalto mediatico non proprio favorevole tanto che, pur minimizzando, ha costretto un’altra sovranista come Giorgia Meloni a prendere le distanze. «Il rischio emulazione potrebbe non essere controllabile, io non l’avrei fatto», ha dichiarato la leader di Fratelli d’Italia al giornale Open diretto da Enrico Mentana. Il rifiuto all’interno della destra non dovrebbe sorprendere, perché il garantismo, inteso come la tutela delle libertà dei cittadini dagli abusi del potere giudiziario, è stato uno princìpi basilari del berlusconismo, un’area da cui provengono sia Salvini che la Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia). Non è difficile immaginare come questo atteggiamento giustizialista possa aver spaventato alcuni elettori moderati.

Matteo Salvini è spesso accusato di sciacallaggio mediatico dai suoi oppositori. Ieri mattina ha interrotto il silenzio elettorale con due tweet su Bibbiano dal suo account @matteosalvinimi. Alle 21.39, ad urne ancora aperte, la pagina Twitter ufficiale “Lega – Salvini Premier” ha espresso il suo cordoglio per la morte del cestista statunitense Kobe Bryant, concludendo con l’invito a votare Borgonzoni. Il tweet è stato poi rimosso e giustificato come «disguido tecnico». Entrambi questi fattori rivelano sia la sovraesposizione mediatica che l’intrinseca debolezza della cosiddetta “Bestia” di Salvini, un sistema di algoritmi informatici in grado di intercettare argomenti e sentimenti da sfruttare sul web a scopi propagandistici. 

Gli errori di Salvini sono anche tattici. Una vittoria leghista in Emilia Romagna avrebbe rafforzato l’ipotesi di una caduta del governo e coronato il suo sogno di diventare primo ministro. La scelta di una candidata “invisibile” come Lucia Borgonzoni, sempre affiancata e sovrastata da Salvini«una donna capace di stare un passo indietro all’uomo» per dirla con Amadeus, si è rivelata un’arma a doppio taglio. Da un lato, la maggior parte dei votanti non aveva ben chiaro chi fosse la candidata, specialmente se messa in competizione con un presidente uscente molto popolare come Stefano Bonaccini. Volendosi prendere tutto il palcoscenico, Salvini ha nuovamente fatto lo sbaglio del 20 agosto scorso, quando pensava che facendo cadere il governo e andando alle elezioni sarebbe diventato premier. Dall’altro, trasformando delle elezioni regionali in un referendum su sé stesso, Salvini ha polarizzato gli elettori commettendo lo stesso errore di Matteo Renzi nel referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. La sconfitta, dopo una massiccia spesa di annunci elettorali su Facebook che, come ha riportato Il Resto del Carlino, Borgonzoni che per Salvini, sembra ancora più bruciante. 

Non è solo il populismo salviniano ad essere stato battuto. Sul fronte Movimento 5 Stelle, un partito che ha trovato le sue radici proprio a Bologna durante il V-Day del 14 giugno 2007, le cose non vanno tanto meglio: se nel 2014 era al 13,30% oggi frana a un imbarazzante 3%. 

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