di Rutagengwa Félix Ndayitabi
Negro sono, piango in Negro
Macumba Sebene
Negro di Bologna sono
Voglio che Bologna alzi il mio Canto Negro
Che alzi l’allegro Canto Negro
Che mi sale dalle viscere
Negro sono
Cantando vado
Piangendo ballo
E quando non sono Negro
Arabo, Bengali, Rom, Pakistano, Cinese,
Sono anche nel sonno, nel sogno
Umano.
Che irrompa una Kwasa-Kwasa calda
Che la ballino le Torri
La gente…..
Seno a seno
Bicchieri dopo bicchieri
Di Albana fresco
Negro sono troppo Umano
extra-comunitario.
Nato 48 anni fa e trasferitosi a Bologna nel 1992 dove si è laureato nel 1997 in Storia Contemporanea con una tesi su l’immigrazione tunisina in Sicilia negli anni ’50, il poeta Rutagengwa Félix Ndayitabi ispira i suoi versi ai grandi poeti e scrittori della negritudine. «Benchè scriva in italiano cerco di mantenere ritmi africani ma allo stesso tempo evito l’esotismo dell’Africa terra incontaminata. Aimé Césaire, Nicolas Guillén, Léopold Sédar Senghor, Jean-Baptiste Mutabaruka, sono le mie guide però sono anche affascinato da Dino Campana, Paolo Volponi e Franco Fortini per l’Italia, la poesia classica cinese e persiana mi hanno influenzato insieme ovviamente ai surrealisti francesi anche diversi tra di loro come Prévert e Aragon. Ho avuto l’occasione di conoscere Linton Kwesi Johnson a Kinshasa perché mia zia era l’ organizzatrice degli eventi culturali della British Leyland (Land Rover) che è l’azienda che organizza più eventi culturali nel Terzo Mondo. Linton Kwesi Johnson mi piace moltissimo ma il suo stile è troppo sopra le righe per il mio modo di scrivere», dice il poeta.
Foto: Gianni Seferovic, rom di Torino a Bologna