Racket dei servizi funebri, dura presa di posizione del Policlinico Sant’Orsola e della Usl di Bologna

«Si tratta di fatti molto gravi e non tollerabili, violati i regolamenti». Sono le parole di un comunicato con cui il Policlinico Sant’Orsola e le Usl di Bologna hanno commentato il caso delle società delle agenzie di onoranze funebri che si spartivano illegalmente il mercato dei servizi funerari negli ospedali Sant’Orsola-Malpighi e Maggiore. Un vero e proprio monopolio illecito, sgominato ieri dai carabinieri, che si alimentava grazie a una rete di complicità che comprendeva sia i rappresentanti delle società funebri sia i dipendenti delle aziende sanitarie. 

Non è bastata la presenza di una regolamentazione dell’accesso alle agenzie negli obitori, stipulata dalle aziende sanitarie , a evitare un sistema in cui i cartelli si spartivano i servizi. «L’azione preventiva si è dimostrata, tuttavia, del tutto insufficiente a fronte di quella che si configura come un’azione criminale particolarmente articolata e strutturata da parte delle imprese di onoranze funebri coinvolte. Alla luce di questo è pertanto evidente la necessità di ripensare e rafforzare le misure di prevenzione», si legge nel comunicato. 

L’inchiesta giudiziaria dei carabinieri di Bologna è nata dalle dichiarazioni di due indagati che successivamente sono stati intercettati e videosorvegliati. Da qui è iniziata l’operazione “Mondo sepolto” che ieri ha portato in manette i due capi delle due organizzazioni: Giancarlo Armaroli, amministratore unico della R.i.p Service, e Massimo Benetti presidente della Cif. Sono stati apposti i sigilli ad altre quattro società: alla «Franceschelli srl», alla «Lelli srl, impresa funebre dei fratelli Lelli», alla «Oreste Golfieri srl» e alla «Centro servizi funerali».  

Il giro di affari non coinvolgeva solo i dipendenti delle agenzie funebri, ma anche i dipendenti dell’Ausl di Bologna che davano alle organizzazioni informazioni e nomi sulle persone decedute. Oltre agli impiegati ospedalieri arrestati figurano anche alcuni dipendenti denunciati, che sono stati sospesi come fa sapere il comunicato stampa delle due aziende. 

I dipendenti che lavoravano nella camera mortuaria promuovevano ai parenti del deceduto i servizi proprio di quelle società funebri con cui collaboravano. Per ogni funerale acquisito dall’organizzazione c’era un compenso fra i 200 e i 350 euro, in nero. Ed è così che si vantava un infermiere, intercettato dai carabinieri: «Se dopo 20 anni che lavori nella sala mortuaria hai ancora da pagare il mutuo non hai capito niente». 

Una volta che le agenzie si erano aggiudicate il funerale convincevano il cliente, in previsione di un possibile risparmio, a pagare tra i 500 e i 900 euro in contante. Questi soldi erano destinati, in parte, a finanziare le mazzette dei collaboratori ospedalieri nelle camere mortuarie.  

 

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