La piscina più grande di Bologna (e d’Italia) è rimasta aperta e senza “ristori”

Grazie a un “patto di solidarietà” fra gestori di piscine è stato possibile convogliare tutti gli atleti agonisti in un’unica grande piscina rimanendo così aperti e continuando così a lavorare.

La piscina olimpionica coperta più grande di Bologna “Carmen Longo”, quella in via dello Sport – di fianco lo stadio Dall’Ara (ma è anche la più grande in Italia) è rimasta aperta sempre durante questi ultimi mesi. Nessun allarmismo, poteva farlo. Il Dpcm per diminuire il contagio del coronavirus del 24 ottobre scorso ha sospeso tutto lo sport dilettantistico (piscine comprese) al grande pubblico, ma non agli atleti agonisti. La piscina di via dello Sport ha riorganizzato le idee e ha accolto solo questi ultimi, insieme anche ad anziani con patologie croniche, persone disabili e ragazzi autistici. Per non chiudere del tutto è nato un patto di solidarietà tra i gestori degli impianti bolognesi che, già in epoca pre-Covid, si erano riuniti in un consorzio. Questo patto ha permesso di convogliare i nuotatori agonisti in un’unica grande piscina. In questo modo, inoltre, non hanno dovuto chiedere e usufruire nemmeno dei “ristori” statali. 

«È un progetto di valori umani e di resistenza al Covid, una vera eccezione soprattutto in questo momento», ha detto all’AGI Amaurys Pérez, medaglia d’oro ai mondiali di Shanghai nel 2011 con il Settebello, e ora allenatore di pallanuoto della De Akker Bologna. Chi in quella struttura ci lavora, una ventina di dipendenti proprio della società sportiva De Akker Team, ha visto così salvarsi lo stipendio. Bagnini, allenatori, tecnici, personale amministrativo possono garantire il funzionamento della piscina, con tutti i protocolli anti-covid, nonostante la pandemia. 

Nella piscina più grande d’Italia si allenano, dunque, gli atleti di cinque specialità e di tutte le categorie: nuoto, sub e sommozzatori, nuoto pinnato, nuoto sincronizzato e, ovviamente, pallanuoto. «A Bologna i gestori degli impianti natatori invece di farsi concorrenza, già dal 2015 prima dell’assegnazione del bando si erano riuniti in un consorzio chiamato Acqua Seven. In questa situazione dovuta al Covid fare parte di un consorzio è stato strategico e fondamentale per tutti. Non esiste un modello simile in altre città. Fondamentale è stato anche il contributo del Comune di Bologna. Grazie all’attività agonistica siamo riusciti a rimanere aperti e riusciamo a garantire lo stipendio ai dipendenti. È stata una operazione di concertazione che ha permesso di salvare l’attività agonistica natatoria di tutta la città e di garantire anche l’attività di riabilitazione legata al nuoto», spiega  all’AGI il direttore della piscina olimpionica di Bologna Andrea Sampaoli. 

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