A Bologna il 5G non è previsto, ma è il governo che decide

Non ci sono e non sono previste installazioni della tecnologia 5G nel territorio del Comune di Bologna. A smentire alcuni giornali che dicevano il contrario è stato lo scorso 10 giugno l’assessore comunale alle Attività Produttive, Marco Lombardo, durante un incontro promosso dall’associazione ambientalista Legambiente Bologna per affrontare il tema dell’inquinamento elettromagnetico sul territorio.  

Il 5G è la quinta generazione di rete mobile, la più avanzata al momento, quella che comanda l’accensione intelligente del riscaldamento o dei frigoriferi, per intenderci. Una tecnologia che potrebbe rivelarsi invasiva per la salute umana. I dubbi sulla pericolosità del 5G sono ancora tanti ed è per questo che gli assessorati della Salute e delle Attività produttive di Bologna ci vanno piano e intendono aprire un tavolo di confronto con esperti, associazioni e comitati di cittadini impegnati sul tema. Al tavolo verrebbero chiamate successivamente anche le compagnie telefoniche, cosa che ha suscitato alcune reazioni negative fra il pubblico presente all’incontro. 

Una discussione pubblica e democratica, dunque, per pianificare meglio l’installazione degli impianti di vecchia generazione, attivare una piattaforma per raccogliere documentazioni sulle tecnologie 5G come, ad esempio, gli esiti delle sperimentazioni in atto in alcune città, documentazioni tecniche, ipotesi e dati scientifici sui loro possibili impatti ambientali avviando una collaborazione anche con l’Università degli Studi di Bologna. 

«Resta comunque un grave problema di fondo: gli accordi sui piani di installazione degli impianti di telefonia mobile vengono presi a livello nazionale e non locale, sulla base dell’acquisto di onerose concessioni, per cui le grandi compagnie hanno sostanzialmente già avuto il via libera da parte governativa», ha dichiarato Lombardo. Su questo argomento, il rappresentante di Legambiente Bologna, Claudio Dellucca, ha sostenuto la necessità di effettuare un’azione di pressione verso i decisori politici, finalizzata ad ottenere una moratoria sull’installazione delle antenne 5G affidando nel frattempo ad un ente terzo una ricerca approfondita sul loro impatto ambientale.  

All’incontro del 10 giugno scorso è stata presentata da Fiorella Belpoggi, dell’Istituto oncologico Ramazzini di Bologna, una ricerca sull’inquinamento elettromagnetico. Secondo i risultati dellstudio, che però non ha riguardato la nuova tecnologia 5G ma le tipologie di trasmettitori e di cellulari già in uso, i danni derivati dall’esposizione massiva alle onde emesse dai cellulari risultano significativi nei termini dell’insorgenza di patologie neurologiche e di tumori rari, quali lo schwannoma che colpisce il cuore e le cellule dei centri nervosi. I dati rilevati pertanto hanno portato a classificare le emissioni di onde della telefonia mobile come probabili agenti cancerogeni. «Poiché la diffusione dei cellulari risale alla fine degli anni ‘90 si stima che i danni di questo tipo sulla popolazione saranno completamente valutabili a partire dai prossimi anni, avendo i tumori una latenza media di circa 20 anni», ha spiegato BelpoggiDato l’uso quotidiano delle radiofrequenze è impossibile pensare ad un abbandono di queste tecnologie. Occorrerebbe, dunque, un maggiore controllo sull’esposizione individuale, adottando diverse precauzioni per limitare l’assorbimento delle onde emesse dal cellulare e da altre fonti (wireless, ecc.). 

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