Il cantante giamaicano ha infuocato il Sottotetto di Bologna la scorsa notte con la sua energia e le sue hits: Jah Jah city”, “That day will come”, “Mi deh yah (Mama and Papa)” e molte altre.
È stata una notte di vero fuoco. Quella che si è conclusa da poche ore al Sottotetto sound club di via Viadagola 16 a Bologna dove si è tenuto il concerto del cantante rasta giamaicano di musica reggae-dancehall Capleton, chiamato anche “Fyah man”, ovvero “uomo del fuoco” (inteso come fuoco “spirituale”). Il locale era stracolmo, una bolgia. Forse c’era più gente di quanta se ne aspettava. Accorsa da Bologna, zone limitrofe, ma anche dalla Toscana, dal Veneto e dalla Lombardia in quanto unica data in Italia dell’artista 56enne giamaicano. Il concerto, organizzato dalla crew Jungle Army, è cominciato all’una esatta della notte, ma già un’ora prima il Sottotetto era pieno e “riscaldato” dalla selezione del dj bolognese Pier Tosi.
Accompagnato dalla Prophecy band, Capleton è salito sul palco con la sua tipica “energia” e con un abito color oro con paillettes dorate. In testa il suo immancabile turbante, tipico dei Bobo shanty (rastafariani tra i più rigorosi che usano coprire i loro dreadlocks per essere distinti dagli altri membri Rastafari).
Tra i brani cantati non potevano mancare l’intramontabile “Jah Jah city”, brano che lo ha sicuramente reso famoso in tutto il mondo, “That day will come” e “Mi deh yah (Mama and Papa)”. Oltre le hit, Capleton è stato apprezzato dal pubblico nel momento in cui ha cantato “Raggy road” oppure quando ha espresso il suo talento facendo sentire la sua voce a cappella in versione raggamuffin, mentre il pubblico teneva in alto i propri accendini. Sì, perché alzare la fiamma dell’accendino è un gesto consueto in questo tipo di eventi, soprattutto se sul palco c’è Capleton, chiamato anche “Faya man”, appunto. Il fuoco per i rasta è tra i simboli religiosi più importanti: rappresenta il sacro come purificatore degli empi. E a Bologna la scorsa notte si acceso quel fuoco.