“Andavo a 30 all’ora”, l’opinione di una nostra lettrice sul nuovo limite di velocità a Bologna

Pubblichiamo integralmente una lettera arrivataci alla e-mail di redazione da una nostra lettrice.

«In una società in cui si possa parlare anche di civiltà, la ‘norma’ finalizzata ad una convivenza rispettosa dell’altro e degli spazi collettivi, è doverosa. Un provvedimento imposto al solo scopo di mettere il cittadino nella condizione di contravvenire con estrema facilità alla norma stessa, incorrendo in sanzioni ingiuste, è solo un illecito atteggiamento dispotico! Un fine giusto deve essere rispettato, un fine esclusivamente redditizio nei confronti delle casse del Comune, è un qualcosa che va denunciato e combattuto.

Abbassare un limite da 50 (assolutamente civile) a 30 (difficilmente realizzabile per tutti i mezzi) e punirne severamente l’inosservanza, è un furto ufficialmente legittimato. È un modo per estorcere denaro facile, giustificandolo con ‘nobili’ finalità (sicurezza o ambiente) assolutamente non esperibili in questo modo! Se il fine fosse stato davvero quello predicato, sarebbe stato sufficiente intensificare i controlli ed i dispositivi di rilevazione della velocità, affinché fosse rispettato da tutti un ragionevole limite già esistente.

Preoccuparsi di educare la cittadinanza (automobilisti, pedoni, ciclisti, tutti!) al buon senso nella fruizione delle strade, al rispetto di doveri e diritti di tutti, quello sì che sarebbe un ‘primato’ di civiltà’! In un regime cittadino già claudicante sotto tanti aspetti (Pulizia per le strade, Sicurezza, doverosa regolamentazione dei costi di vendite ed affitti, troppo spesso irregolari, costi eccessivi e talvolta malfunzionamento di numerosi servizi pubblici…e la lista continua…) sono ben altre le iniziative che è doveroso prendere nei veri interessi dei cittadini, per migliorarne davvero la qualità di vita!

Non siamo tenuti a rispettare qualcosa che nasce, intanto, da una intenzionale mancanza di considerazione del pensiero e delle vere esigenze della collettività e si fonda poi su intenti e finalità tutt’altro che nobili e generosi. Noi italiani dimentichiamo che abbiamo il diritto di pensiero, di espressione, e tutte le facoltà per decidere qualcosa della nostra vita in società, anziché accettare silenziosamente ogni scelta imposta da un ‘alto’ che sta lì per scelta di tutti, che è chiamato a rappresentare la collettività e lavorare nei suoi interessi in tutti gli aspetti della vita comune!

È un ‘ideale’ realizzabile, se lo vogliamo, senza timore e sudditanza di pensiero e azione, questo vale ad ogni livello, dal grande Paese alla piccola comunità».

Maria Rosaria

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