Le pietre d’inciampo a Bologna

Le pietre d’inciampo sono un monumento ideato e realizzato dall’artista tedesco Gunter Demnig e consiste nell’incorporare dei blocchi quadrati di pietra, ricoperti di ottone lucente, nel selciato stradale davanti alle ultime abitazioni delle vittime della persecuzione fascista e nazista. A Bologna le troveremo in:

via de’ Gombruti 9 in memoria di Leone Alberto Orvieto nato a Livorno il 6 dicembre 1866. Sposato con Margherita Cantoni, vissuto a Bologna in via de’ Gombruti 19 (oggi 9). Nel settembre 1899 Orvieto divenne Rabbino Capo dell’Università Israelitica -Comunità israelitica di Bologna, sostituendo il Rabbino Marco Momigliano. Durante il suo operato, venne costruita la grande Sinagoga, progettata dall’Architetto Attilio Muggia. Con grande forza e tenacia, Orvieto guidò la comunità ebraica cittadina nel periodo buio delle leggi razziali. Nel 1943 una spia lo denunciò a Firenze, dove si era rifugiato dopo l’8 settembre. Insieme alla moglie, Margherita Cantoni, venne arrestato dal Reparto Servizi Speciali, conosciuto come la Banda Carità, nel dicembre 1943. Venne deportato ad Auschwitz con il treno partito da Milano il 30 gennaio 1944. Morì all’arrivo il 6 febbraio 1944.

Sempre in via De’ Gombruti un’altra pietra d’inciampo in memoria  di Margherita Cantoni nata a Mantova il 2 dicembre 1872. Sposata con il Rabbino Orvieto, visse a Bologna in via de’ Gombruti 19 (oggi 9). Con il marito condivise l’operato all’interno della Comunità ebraica bolognese. Fu arrestata a Firenze nel 1943 e fu deportata  ad Auschwitz con il treno partito da Milano il 30 gennaio 1944. Venne uccisa all’arrivo il 6 febbraio 1944.

In Strada Maggiore 13 troveremo 7 pietre d’inciampo in memoria di Adelaide Di Segni, Sposata con Samuele Calò, visse in Strada Maggiore 13, svolgendo l’attività di ambulante con i figli più grandi. Quando la sua famiglia viene privata del permesso di svolgere il commercio ambulante, sopravvisse molto probabilmente grazie all’aiuto di Mario Finzi (delegato della DELASEM, la Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei) e al soccorso dato dalle confraternite. In seguito Adelaide si rifugiò insieme ai sei figli a Savigno, sulle colline bolognesi. Il 13 maggio 1944, priva di mezzi, documenti, tessere annonarie e in preda alla disperazione, si consegnò spontaneamente con i figli ai Carabinieri di Savigno e venne deportata da Fossoli il 26 giugno 1944. Morì all’arrivo ad Auschwitz il 30 giugno 1944.

Una seconda pietra d’inciampo in memoria di David Calò arrestato a Savigno il 13 maggio 1944, è internato nel carcere di Bologna e successivamente nel campo di Fossoli di Carpi, in provincia di Modena. È deportato da Fossoli il 26 giugno del 1944. Morì a Buchenwald il 3 marzo 1945.

Un’altra pietra in memoria di Raimondo Calò nato a Bologna il 25 dicembre 1926. Arrestato a Savigno il 13 maggio 1944, è deportato da Fossoli il 26 giugno 1944 nel campo di sterminio di Auschwitz. Non sopravvive.

Una quarta pietra in memoria di Jak Emanuele Calò nato a Bologna il 25 dicembre 1927. Arrestato a Savigno il 13 maggio 1944, viene deportato da Fossoli il 26 giugno 1944 nel campo di sterminio di Auschwitz. Non sopravvive.

Una quinta pietra in memoria di Sergio Calò nato a  Bologna il 2 settembre 1930. Arrestato a Savigno il 13 maggio 1944, viene deportato da Fossoli il 26 giugno 1944 nel campo di sterminio di Auschwitz. Non sopravvive.

Una sesta pietra d’inciampo in Strada Maggiore in memoria di Aureliano Calò nato a Bologna il 2 luglio 1932 a Bologna. Arrestato a Savigno il 13 maggio 1944, è internato nel carcere di Bologna e successivamente nel campo di Fossoli di Carpi, in provincia di Modena. Venne deportato da Fossoli il 26 giugno 1944. Morì  all’arrivo ad Auschwitz il 30 giugno 1944.

Un’ultima pietra d’inciampo in Strada Maggiore in memoria di Alberta Calò nata a Bologna l’11 gennaio 1935. Arrestata a Savigno il 13 maggio 1944, è internata nel carcere di Bologna e successivamente nel campo di Fossoli di Carpi, in provincia di Modena. È deportata da Fossoli il 26 giugno 1944. Muore all’arrivo ad Auschwitz il 30 giugno 1944.

Una pietra d’inciampo sarà in via del Cestello 4 in memoria dMario Finzi nato a Bologna il 15 luglio 1913. Giovane prodigio, portato per la musica e per gli studi giuridici, a 15 anni si diploma in pianoforte al Conservatorio di Bologna e non ancora ventenne si laurea in Giurisprudenza. Ben presto entra come praticante in uno studio legale e nel 1937 ottiene l’incarico di uditore giudiziario che abbandona poi nel 1938 per le leggi razziali.  Da questo momento si dedica alla musica a Parigi: scaduto il visto turistico, nell’agosto del 1939 torna in Italia dove si avvicina ai gruppi clandestini di Giustizia e Libertà. Presta assistenza ai profughi provenienti da Austria e Germania entrando a fare parte della Delegazione per l’Assistenza degli Emigrati Ebrei (DELASEM) diventandone delegato nel 1940.
Nel 1943 è arrestato come antifascista e liberato il 25 luglio in seguito alla caduta del fascismo. Dopo l’8 settembre Finzi prosegue la sua opera di aiuto e assistenza con i partigiani di Vergato fino al 6 aprile 1944 quando viene arrestato a Bologna. Venne deportato da Fossoli con il treno partito il 16 maggio 1944. Muore ad Auschwitz il 27 febbraio 1945, un mese dopo la liberazione del campo di sterminio nazista.

In via Rimesse 25 cinque pietre d’inciampo in memoria di Adelchi Baroncini nato a Conselice il 4 novembre 1889. Sposato con Teresa Benini, vive in via Rimesse 25. Operaio meccanico alla O.A.R.E., l’Officina Automezzi Riparazione dell’Esercito, è attivo nella resistenza cittadina con tutta la famiglia, che lo aiuta con convinzione. Trasforma la propria casa in una stamperia segreta di pubblicazioni e volantini politici antifascisti, che le tre figlie compongono con la macchina da scrivere. Per una spiata, il 24 febbraio 1944 è arrestato dalla Gestapo in officina insieme a Antonio Celin e Armando Mazzoli, e viene accusato di sabotare la produzione bellica. Nel frattempo, la polizia tedesca si reca in via Rimesse, vi trova la moglie Teresa e le tre figlie e scopre il deposito di stampa clandestina. Adelchi e la figlia Lina, che tenta di addossarsi la colpa anche per le altre sorelle, sono portati nelle celle del comando bolognese della Gestapo, in viale Risorgimento. Sottoposti a torture e interrogatori, raggiungeranno poi la moglie e le altre due sorelle al carcere di San Giovanni in Monte.
Il 6 maggio 1944 tutta la famiglia Baroncini è trasferita, insieme a un gruppo di detenuti politici, al campo di Fossoli.
Adelchi viene spostato al campo di Bolzano-Gries e da qui deportato a Mauthausen il 5 agosto 1944. Giunge nel lager austriaco il 7 agosto, ricevendo la matricola 82267 e la classifica di prigioniero politico con il triangolo rosso. Muore il 3 gennaio 1945 nel “convalescenziario” del Castello di Hartheim, nei pressi di Linz, che fungeva da luogo di eliminazione dei detenuti inabili al lavoro di Mauthausen e Dachau.

Teresa Benini nasce a Imola il 19 maggio 1893. Sposata con Adelchi Baroncini.
Il 6 maggio 1944, insieme a tutta la sua famiglia, viene trasferita con un gruppo di altri detenuti politici al campo di concentramento e transito di Fossoli.
Teresa Benini e le tre figlie rimarranno a Fossoli fino al 2 agosto quando, dopo una tappa a Verona, vengono caricate in un vagone piombato diretto al lager di Ravensbrück, dove arrivano il 6 agosto. Qui Teresa muore il 26 gennaio 1945.

Jole Baroncini, figlia di Adelchi e Teresa Benini, nasce a Imola il 13 agosto 1917. Impiegata.
Il 6 maggio 1944, insieme a tutta la sua famiglia, viene trasferita con un gruppo di altri detenuti politici al campo di Fossoli.
Con la mamma e le due sorelle, aspetterà fino al 2 agosto quando, dopo una tappa a Verona, viene caricata in un vagone piombato diretto al lager di Ravensbrück, dove arriva il 6 agosto. Muore il 4 marzo 1945.

Angela Baroncini, detta Lina, figlia di Adelchi e Teresa Benini, nasce a Bologna il 20 luglio 1923.  Impiegata.
Il 6 maggio 1944, insieme a tutta la sua famiglia, viene trasferita con un gruppo di altri detenuti politici al campo di Fossoli.
Con la mamma e le due sorelle, aspetterà fino al 2 agosto quando, dopo una tappa a Verona, viene caricata in un vagone piombato diretto al lager di Ravensbrück, dove arriva il 6 agosto.
Viene liberata a Salzwedel, il 12 aprile 1945.

Nella Baroncini, figlia di Adelchi e Teresa Benini, nasce il 26 agosto 1925 a Bologna. Impiegata con la licenza di avviamento commerciale.
Il 6 maggio 1944, insieme a tutta la sua famiglia, è trasferita con un gruppo di altri detenuti politici al campo di Fossoli.
Con la mamma e le due sorelle, aspetterà fino al 2 agosto quando, dopo una tappa a Verona, viene caricata in un vagone piombato diretto al lager di Ravensbrück, dove arriva il 6 agosto.
Viene liberata il 30 aprile 1945 a Ravensbrück.

Fonte: Comune di Bologna

 

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