Dopo la solitudine di San Donato beach, esce “Slipknot last song” nuovo film del regista bolognese Donatini

Girato durante il lockdown, il film “Slipknot Last Song”, in proiezione a Bologna il prossimo martedì, va a esplorare le ferite dell’isolamento e dell’abbandono. Si tratta del secondo capitolo di una trilogia sulla solitudine pensata proprio a partire dal docufilm San Donato Beach. 

Dopo il successo del docufilm San Donato Beach uscito nel 2020, verrà proiettato il prossimo martedì 30 maggio alle 21,30 al cinema Galliera di Bologna (via Matteotti, 27), “Slipknot Last Song”, l’ultimo film del regista bolognese Fabio Donatini e secondo capitolo di una trilogia sulla solitudine pensata proprio a partire dal concetto di solitudine espresso in San Donato Beach. Girato durante il lockdown della primavera 2020, “Slipknot Last Song” parla della solitudine come volano di sentimenti compulsivi e malati. «Ed è il film stesso malato, di audio, di scarsa qualità, di scorrettezze contenutistiche: una sorta di diario di un mondo brutto, una istantanea del tempo vissuto, che a tratti ci sembra lontanissimo, a tratti terribilmente vicino», dicono dalla produzione del film. (Trailer).

Si tratta, dunque, di una riflessione visiva sulla bassa qualità formale ed esistenziale dove la solitudine e l’isolamento di cinque persone diventa menzogna reiterata e comica contraddizione, sullo stretto confine della vita e della morte. Slipknot Last Song è il secondo capitolo di quella che il regista Donatini ha definito una trilogia della solitudine. Il film è prodotto dallo stesso regista e da Nicola Spaccucci ed è scritto insieme allo sceneggiatore materano, di adozione bolognese, Antonello Grassi e con la collaborazione di Gloria Dardari.

«La solitudine di San Donato Beach (il primo capitolo) è la solitudine di un western, dove un piccolo cacciatore di taglie si staglia sullo sfondo di un immenso, infinito, canyon, dove la natura comprime l’uomo. Dove i palazzi squadrati della periferia di Bologna cadevano pesanti sulle passeggiate dei nostri protagonisti. Ora è il contrario. Ora l’uomo, il suo viso, le sue speranze le sue schizofrenie son giganti, con il cellulare che lo riprende da venti centimetri. E non siamo più in un western, ma negli spazi occlusi e soffocanti dell’horror. Sono due solitudini diverse, respirano in maniera diversa. Questo lo sento evidente», dichiara Donatini.

Domani 28 maggio, alle 20.30, ci sarà anche l’occasione di rivedere il primo capitolo della trilogia (San Donato beach) al Vecchio Son – centro musicale underground (via Giovanni Antonio Sacco, 14). San Donato beach è un saggio visivo sulla solitudine. Appunti tragicomici sull’isolamento, attraverso la visione del quartiere assolato di San Donato, nella periferia di Bologna in cui l’estate sembra non finire mai e che diventa scenario di flussi di coscienza di persone emarginate solo all’apparenza.

In entrambe le serate sarà presente in sala il regista Fabio Donatini per dialogare con il pubblico.  

Chi è il regista 

Fabio Donatini ha studiato semiologia del cinema e della musica presso il DSC dell’Università di Bologna. Ha lavorato per l’ITC Movie, Pavonificio Ghinazzi, Cineteca di Bologna, Bottega Finzioni, Bottega Produzioni, Articolture, Mammut Film e per la Zarathustra Film. Segue e organizza corsi per avvicinare la disabilità psichica e motoria alla recitazione e al set. I suoi lavori più importanti sono: “L’ispettore Coliandro”, “Tuber – la saga del Pico bianco”, “Il Boia/I principi dell’Indeterminazione”, “Le muse inquietanti”, “Chemio” e “San Donato Beach”. È autore, sceneggiatore, regista e produttore. 

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