Test genetici poco diffusi, ma il 76% dei bolognesi è interessato a saperne di più

Il 7% dei bolognesi ha già svolto un test genetico o si appresta a farlo, ma oltre tre su quattro si dichiarano interessati a conoscerne di più.

Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per quegli esami che permettono di avere informazioni sul proprio patrimonio genetico, in particolare per riscontrare la predisposizione a specifiche patologie. L’ultima indagine dell’Osservatorio Sanità di UniSalute, ha riscontrato come, a livello nazionale, in quasi quattro casi su cinque (77%) questi test si siano rivelati utili. 

Ma quanto è diffusa la conoscenza di questi esami a Bologna? 

Non molto, secondo quanto emerge dal sondaggio, solo il 13% dei bolognesi dichiara di essere ben informato in proposito, mentre la maggioranza (72%) ne ha solo sentito parlare e non sa di preciso di cosa si tratti, con un altro 15% che non ne ha proprio mai sentito parlare. Tre bolognesi su quattro (76%), però, affermano di volerne saperne di più, soprattutto perché a oltre la metà (52%) è già stata consigliata l’esecuzione di un test genetico da parte di un medico. 

Ad oggi, però, appena il 7% di bolognesi dichiara di aver già svolto un esame genetico o di stare per farlo. La ragione principale per svolgere un test di questo tipo è, ovviamente, la familiarità con malattie ereditarie, indicata dal 91% di chi lo ha già eseguito o si appresta a farlo. In molti casi, a consigliare l’esame è stato un medico specialista (72%). 

Nel campione interrogato dal sondaggio c’è anche chi afferma di non essere interessato ai test genetici, circa un bolognese su sei (17%). Come mai? A quanto pare, alcune persone preferiscono non conoscere la propria predisposizione ad alcune patologie: un atteggiamento condiviso da oltre la metà (52%) di chi non ne vuole sapere di questi test. 

In ogni caso, i bolognesi ritengono inoltre che il patrimonio genetico abbia un ruolo importante nella salute di una persona: il 52% lo indica come uno dei fattori principali, più importante anche dell’influenza di comportamenti a rischio come il fumo e l’abuso di alcolici (35% delle risposte) e del tipo di alimentazione (33%). 

 

Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nomism

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