Coronavirus, in Emilia-Romagna il 27,9% dei positivi ha la variante inglese

Su 204 campioni sottoposti ad analisi per trovare la variante inglese, 57 risultano effettivamente positivi alla variante.

In Emilia-Romagna il 27,9% dei casi di positività risultano essere della variante inglese. Dei 204 campioni accolti da Piacenza a Rimini, 57 risultano effettivamente positivi alla variante. Lo rivela uno studio della Regione Emilia-Romagna appena concluso sulla diffusione della cosiddetta “variante inglese” del Coronavirus. Dei  57 “casi inglesi”, 22 sono contagi di Bologna, 4 di Ferrara, 13 di Modena, 8 di Parma, 3 di Reggio Emilia e 7 in Romagna. I tamponi positivi selezionati per l’analisi in Emilia-Romagna appartengono ad altrettanti cittadini scelti a caso ma in modo proporzionale rispetto al numero di abitanti delle singole province, fra i positivi individuati nei giorni 4 e 5 febbraio. 

«Siamo di fronte a risultati rassicuranti: siamo in grado con assoluta certezza di identificare la variante inglese con i metodi diagnostici, abbiamo tutte le evidenze scientifiche che sia controllabile con gli anticorpi del vaccino e non ci sono dati incontrovertibili sulla sua maggiore trasmissibilità, anche se per ora appare probabile», spiega il professor Vittorio Sambri dell’Unità operativa di microbiologia dell’Ausl della Romagna a Pievesestina di Cesena. 

Un secondo studio in atto 

Venerdì 12 febbraio è stata effettuata una seconda raccolta di campioni, un totale di 177 casi scelti in modo casuale su tutto il territorio, da Piacenza a Rimini. La prima analisi, quella molecolare, più rapida ma meno accurata, è già stata effettuata, e sono risultati positivi 85 casi. In attesa degli esami di sequenziamento del virus, applicando la stessa percentuale di conferma dei primi test che è stata dell’86% è possibile quindi stimare 73 campioni positivi alla variante inglese, che equivalgono al 41,3% del totale. Come per la precedente batteria di campioni, solo il sequenziamento del virus potrà indicare con certezza la diffusione della variante inglese. 

La prima indagine è stata condotta dall’Unità operativa di microbiologia dell’Ausl della Romagna a Pievesestina di Cesena e dal Laboratorio di analisi del rischio ed epidemiologia genomica della sezione di Parma dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna, sotto la guida del dottor Stefano Pongolini. Il tutto, in collaborazione con la Regione – servizio Prevenzione collettiva e sanità pubblica – e i Dipartimenti di Sanità pubblica delle Aziende sanitarie territoriali.  

 

fonte: Regione Emilia-Romagna

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