Salvini “sfotte” sui social il cannabis tour delle Sardine che gli rispondono: «Si finge leone (da tastiera)» 

Battibecco social tra le 6000 Sardine e il leader della Lega Matteo Salvini che ieri ha scritto un post deridendo le proposte del movimento di Mattia Santori: Ius soli, legalizzazione e Ddl Zan.

«Ieri abbiamo lanciato il cannabis tour e scoperto che per molti politici italiani, uno in particolare, il nostro tour al sapore di cannabis e legalità sarebbe stravagante. Perché ci sono altri problemi. Perché la droga fa male. Perché siamo dei figli di papà e blablabla. La verità è che chi oggi si finge leone (da tastiera…) è in realtà uno struzzo con la testa sotto la sabbia». Comincia così un post scritto poco fa si Facebook delle 6000 Sardine in seguito allo sfottò di ieri di Matteo Salvini contro il movimento bolognese di Mattia Santori, Il leader della Lega ieri ha, infatti, postato l’immagine proprio di Santori corredandola della scritta: «Segnatevi le tre priorità: cittadinanze in regalo, canne & Zan. Poi si chiedono perché il Pd va male…Dal pianeta sardina è tutto».  Con tanto di faccina social sorridente. Un post che nulla ha da invidiare ai leoni da tastiera, in effetti. 

Ma sul tema cannabis, le Sardine gli rispondono: «Se Salvini sapesse che ogni anno una decina di adolescenti preferiscono la morte o l’isolamento in seguito a una sentenza o a un fermo per possesso di cannabis riderebbe meno. Se sapesse che per un malato di artrite reumatoide o per un paraplegico rifornirsi di cannabis terapeutica è una corsa a ostacoli farebbe meno il burlone. Se spiegasse ai suoi elettori che per colpa del proibizionismo oggi i figli adolescenti degli italiani per procurarsi uno spinello si rivolgono alla malavita e a pusher sconosciuti, forse avrebbe meno cuoricini sotto i suoi tweet. Qualcuno, di grazia, spieghi a questo signore che negli anni Venti l’alcool negli Stati Uniti era vietato, ma che si beveva lo stesso, si beveva peggio, si beveva in maniera sconsiderata. Noi saremo stravaganti, ma almeno non aspettiamo il consenso dell’elettorato per decidere da che parte stare della Storia». 

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