Calano soprattutto le imprese aperte da giovani donne. Le imprese femminili straniere hanno fatto registrare, invece, una crescita del 2,3 per cento, il 14,8 del totale delle imprese rosa dell’Emilia-Romagna.
Nel primo trimestre 2023, le imprese femminili attive sono pari al 21,4 per cento del totale delle imprese dell’Emilia-Romagna. Si è registrato un calo dello 8,8 per cento. La tendenza è estesa al complesso delle imprese non femminili che nel complesso hanno subito una riduzione dell’1,3 per cento. È quanto emerge dai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio di fonte InfoCamere elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna.
Le straniere meglio delle giovanili
L’andamento è assai diverso se si considerano due sottoinsiemi non disgiunti: le imprese di giovani donne e di donne straniere. Con l’avvio del 2023 è stato registrato un decremento tendenziale delle imprese femminili giovanili (-3,0 per cento, -111 imprese), che a fine marzo sono risultate 7.025 pari all’8,3 delle imprese in rosa regionali. Queste imprese sono concentrate in tre divisioni di attività: commercio al dettaglio (17,3 per cento), ristorazione (12,8 per cento) e servizi per la persona (14,1 per cento).
Alla stessa data, invece, le imprese femminili straniere hanno fatto registrare una ulteriore crescita (+2,3 per cento, +276 imprese), il 14,8 del totale delle imprese rosa dell’Emilia-Romagna. Queste imprese sono concentrate in sei divisioni di attività: innanzitutto nel commercio al dettaglio (19,2 per cento) e nella ristorazione (14,5 per cento), quindi negli altri servizi per la persona, parrucchiere centri estetici ecc. (10,8 per cento), poi nell’attività manifatturiera delle confezioni (7,5 per cento) e nel commercio all’ingrosso (6,8 per cento), e nei servizi per edifici e paesaggio, ovvero le pulizie (5,5 per cento). La crescita delle imprese femminili straniere ha contenuto la tendenza negativa generale delle imprese in rosa.
Sono risultate solo tre le divisioni di attività dei servizi diverse dal commercio che hanno visto ridursi le imprese femminili: sanità e assistenza sociale (-0,5 per cento), trasporto e magazzinaggio (-1,3 per cento), alloggio e ristorazione (–229 unità, -2,4 per cento).
Al contrario, il contributo più ampio alla crescita della base imprenditoriale femminile è venuto dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (+187 unità, +5,3 per cento). Questo è stato determinato da un sensibile aumento delle imprese di direzione aziendale e di consulenza gestionale (+69 unità, +6,4 per cento), pubblicità e ricerche di mercato (+61 unità, +9,3 per cento) e altre attività professionali, scientifiche e tecniche (+49 unità, +3,8 per cento).
Hanno poi fornito un contributo rilevante alla crescita le attività immobiliari (+114 unità, +1,9 per cento), le altre attività dei servizi (+103 unità, +1,0 per cento), noleggio, agenzie viaggio e servizi alle imprese (73 unità, +1,8 per cento), compresi i servizi per edifici e paesaggio (+24 unità, +1,3 per cento), ovvero le imprese di pulizia e giardinaggio. Al di fuori del settore dei servizi, l’unico contributo positivo è giunto dalle imprese delle costruzioni (+28 unità +0,9 per cento).
La base delle imprese manifatturiere femminili si è invece ristretta (-2,3 per cento, -165 unità), quasi esclusivamente a seguito della caduta delle industrie della moda (-147 unità, -5,2 per cento) determinata dalle confezioni (-123 unità, -5,6 per cento). Solo la ripresa delle attive nella riparazione, manutenzione e installazione di macchine ha avuto una minima tenuta (+15 unità, +6,5 per cento).
Infine, in calo l’insieme dell’agricoltura, silvicoltura e pesca con la perdita di 307 imprese (-2,7 per cento) da attribuire esclusivamente al tessuto imprenditoriale agricolo a fronte della continua e sostenuta crescita della pesca e acquacoltura (+43 imprese, +15,4 per cento).