Coronavirus, lo studio:«I morti potrebbero essere di più di quelli dichiarati»

In Emilia-Romagna i morti attribuibili al Coronavirus potrebbero essere molti di più di quelli dichiarati ufficialmente. Un “numero oscuro” di decessi che emergerebbe a livello statistico e che riguarderebbe persone che si sono spente in casa o in una casa di riposo e sulle quali non è stato eseguito il test di positività. A rilevarlo è l’Istituto di studi e ricerche Carlo Cattaneo di Bologna, che ha condotto una ricerca su 124 comuni dell’Emilia-Romagna che contano almeno dieci decessi da gennaio al 21 marzo e che hanno fatto registrare un aumento di morti superiore al 20% nelle prime tre settimane di marzo rispetto alla media dello stesso periodo negli anni 2015-2019. L’obiettivo dello studio è appunto «valutare le dimensioni della crescita dei decessi in Emilia-Romagna imputabile alla diffusione del Coronavirus, tenendo conto degli incrementi avvenuti nel periodo di particolare virulenza del contagio». I dati relativi alla mortalità, spiega l’Istituto Cattaneo, sono «tendenzialmente stabili nel tempo». Quindi con le «dovute cautele, gli scostamenti nella mortalità possono essere interpretati come morti aggiuntive dovuti all’azione del virus». 

Nel periodo considerato, «si è verificato un aumento del numero dei decessi che può essere attribuito solo all’intervento di una causa esterna, appunto il Covid-19», rileva il Cattaneo. La crescita è tra l’altro «molto consistente e appare superiore a quanto rilevabile dai dati fin qui resi noti dalla Protezione civile». Al 21 marzo in Emilia-Romagna i morti positivi al Covid-19 erano 715. Ma facendo il confronto con la media dei decessi nello stesso periodo degli anni 2015-2019, la differenza tra i morti attuali e quelli di allora è di 1.267 persone in più 

A conti fatti dunque, e anche escludendo i 201 Comuni dove non è stata condotta la ricerca, secondo il Cattaneo «il numero di decessi riconducibili a Coronavirus in Emilia-Romagna risulta comunque superiore del 77%» rispetto ai dati della Protezione civile. Secondo gli statistici, quindi, «è plausibile che i decessi aggiuntivi non attribuiti a Covid-19 riguardino persone decedute in casa propria o in una casa di riposo o in un hospice e sulle quali non è stato eseguito il test di positività». 

La variazione oltretutto è “massima” nella provincia di Piacenza, la più colpita dal contagio. Qui i decessi del 2020 per il periodo considerato sono stati «il 166% in più della media del quinquennio precedente e tra gli uomini sono addirittura quasi triplicati». Nella sola città di Piacenza la crescita è stata del 178%, con una punta del 224% tra gli uomini. Scendendo verso sud-est lungo la A1, poi, si incontra Parma dove la crescita e’ stata del 116%, quindi Reggio Emilia con un incremento del 62%. Seguono Bologna e Forlì-Cesena, entrambe attorno al 50%.Più lievi le variazioni nelle altre province, con valori che oscillano tra il 29% di Ferrara e il 37% di Ravenna. 

Insomma, la mappa degli incrementi dei decessi in buona sostanza coincide con quella disegnata sulla base della virulenza del contagio. Anche la «serie temporale su base giornaliera – aggiunge il Cattaneo – mostra chiaramente la crescita dei decessi che si è innescata tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo in alcune province». quando cioè è iniziata la diffusione massiccia del contagio. In quel periodo «il numero di morti prende a salire rapidamente ben oltre i valori precedenti. A iniziare è la provincia di Piacenza, la più vicina alla Lombardia, già negli ultimi giorni di febbraio. 

Infine, anche lo studio del Cattaneo conferma, almeno a livello statistico, che «il coronavirus colpisce gli uomini in misura superiore alle donne. I dati sulla crescita della mortalità nelle province e nei capoluoghi analizzati della regione confermano questa differenza. 

 

Fonte: Agenzia Dire

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