Un bracciale che “legge” i movimenti della mano, la ricerca dell’Università di Bologna

Le applicazioni possibili per questo nuovo dispositivo vanno dal controllo delle protesi a nuove interfacce per comunicare con i computer.

Un bracciale che attraverso dei biosensori è in grado di riconoscere istantaneamente 21 movimenti i della mano “leggendo” i segnali che dal cervello viaggiano attraverso l’avambraccio. Un dispositivo, dunque, che potrebbe essere utilizzato per nuove soluzioni tecnologiche come il controllo delle protesi oppure nuovi metodi per comunicare con i computer. Alla ricerca che ha portato a questa nuova scoperta partecipa anche l’Università di Bologna insieme a studiosi dell’Università della California a Berkeley (USA), del Politecnico di Zurigo (Svizzera). «Il bracciale che abbiamo realizzato connette la tecnologia dei biosensori indossabili con algoritmi di intelligenza artificiale: in questo modo il sistema è in grado di riconoscere fino a 21 diversi segnali della mano», ha spiegato Simone Benatti, ricercatore al Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi” dell’Università di Bologna che ha partecipato allo studio. 

Già nel 2015 l’Università di Bologna aveva sviluppato il primo prototipo di questo dispositivo in collaborazione con il Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio, integrando un algoritmo su un sistema protesico. Partendo da queste prime basi, il team di ricerca – guidato da ingegneri del Berkeley Wireless Research Center (BWRC) – ha ora progettato un nuovo bracciale flessibile che, attraverso una serie di biosensori, è grado di leggere i segnali elettrici muscolari in 64 punti diversi dell’avambraccio. Una volta riconosciuti, questi segnali vengono poi elaborati da una piattaforma a basso consumo che, attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, è in grado di associarli a specifici gesti della mano. 

Gli elettrodi presenti nel bracciale sono in grado di rilevare quella serie di segnali elettrici che viaggiano attraverso i neuroni del collo e delle spalle fino ad arrivare alle fibre muscolari del braccio e della mano.  «Il dispositivo non riesce ad individuare esattamente quali fibre muscolari vengono eccitate, ma l’insieme dei segnali raccolti ci permette comunque di mappare i gesti effettuati», spiega Benatti.

Questo meccanismo permette, inoltre, di assicurare che i dati biologici personali di chi utilizza il bracciale rimangano privati. Un elemento che offre molti vantaggi anche in vista delle possibili applicazioni future di questa tecnologia. «Un importante campo di applicazione è certamente quello delle protesi artificiali», spiega infatti Ali Moin, studioso dell’Università della California a Berkeley e primo autore dell’articolo. «Ma questa tecnologia permette anche di migliorare l’interazione tra uomo e macchine, offrendo nuove modalità molto intuitive di comunicazione con i computer e garantendo al tempo stesso la privacy degli utenti». 

Lo studio è stato pubblicato su Nature Electronics con il titolo “A wearable biosensing system with in-sensor adaptive machine learning for hand gesture recognition”. La ricerca è stata coordinata da studiosi dell’Università della California a Berkeley (USA). Per l’Università di Bologna hanno partecipato Simone Benatti e Luca Benini del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”.

 

fonte: Università di Bologna

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