Tino Sehgal in Piazza Maggiore per Art City, «corpi in movimento che diventano quadri»

La sua arte è rappresentata da delle vere e proprie storie di persone che attraverso la voce e i movimenti del corpo hanno necessità di raccontare qualcosa.

Bologna museo di corpi che prendono vita in quadri viventi. Per l’edizione 2022 dello Special Project di ART CITY  in piazza Maggiore uno degli invitati speciali è stato Tino Sehgal, un artista che in pochi anni si è affermato come una delle voci più autorevoli dell’arte contemporanea: per intenderci nel 2005 è stato il più giovane artista mai chiamato a rappresentare la Germania alla biennale di Venezia. La sua arte è rappresentata da delle vere e proprie storie di persone che attraverso la voce e i movimenti del corpo hanno necessità di raccontare qualcosa. Un’espressione che sovverte i sistemi economici legati all’industria dell’arte e soprattutto coinvolge il pubblico senza lasciare traccia fisica da vendere sul mercato. 

«Avevo otto anni eppure credevo di essere differente dalle altre bambine, avevo una consapevolezza diversa, una necessità di esprimermi attraverso il corpo»: è la testimonianza di una donna che. partecipando all’esibizione, ha sentito di doversi mettere a nudo di fronte all’arte di Tino Sehgal. L’intervento dell’artista vuole essere fisico, partecipativo, un inno all’arte contemporanea solidale, sociale e soprattutto vero. L’esperienza irripetibile in cui qualsiasi passante, studente o turista può essere coinvolto prevede un’accettazione di sé stessi. È un’arte che ha bisogno di una voce, di movimenti del corpo inconsueti, di evocazioni e soprattutto non necessita di oggetti. Sono delle “situazioni ricostruite” che non lasciano spazio a documentazioni o riproduzioni.  

Un progetto sicuramente innovativo che merita di essere presentato in una piazza, quella Maggiore, e che diventa un centro sociale in cui è possibile sentirsi parte di un gruppo ed esprimersi senza il bisogno di molte parole.  

L’artista Tino Sehgal, dunque è voce della sensibilità e della debolezza dei giovani rendendoli partecipi di vere e proprie coreografie umane. 

Condividi