«Abortire è un diritto, non una questione politica»: Non Una di Meno scende in piazza a Bologna

«L’aborto non è il risultato di un compromesso politico. Basta giocare a nostre spese sui nostri corpi». Le parole del movimento Non una di Meno Bologna che oggi pomeriggio alle 18,30 scenderà in piazza del Nettuno per una mobilitazione nazionale in presenza per la prima volta dopo il lockdown. Secondo le attiviste, la pandemia da Coronavirus ha solo esasperato tutte le criticità legate a questioni come l’interruzione volontaria di gravidanza, la somministrazione della pillola abortiva RU 486 e l’obiezione di coscienza: «Facciamo i conti con la realtà. In Italia l’accesso all’aborto è quasi impossibile per via dell’elevato numero di obiettori. Noi chiediamo che non venga più permessa una cosa simile. Rivendichiamo un migliore accesso all’aborto farmacologico tramite la RU 486, e in day hospital. Questo permetterebbe anche un alleggerimento a carico degli ospedali in un momento critico come questo».

Si legano così a filo rosso alle tante che in questi giorni sono scese in piazza a Perugia per protestare contro lo Stop all’aborto farmacologico senza ricovero voluto dalla giunta di centro-destra in Umbria. E ai dubbi che in queste ore si stanno avanzando sulla somministrazione del Mifepristone (la RU 486) attraverso il monitoraggio in day hospital, a dispetto del parere scientifico positivo del Consiglio Superiore della Sanità (C.S.S.). E nonostante la legge sull’aborto italiana (la 194/78) preveda che ciascuna Regione possa organizzarsi autonomamente, secondo le proprie possibilità, nell’assoluto rispetto della normativa e della salute della donna.  

Oltre all’aborto, le attiviste vogliono portare all’attenzione della comunità bolognese altri problemi che hanno pesato sulle spalle delle donne durante l’emergenza sanitaria, spesso all’ombra dei media. Come la difficoltà di conciliare il lavoro smart tra le mura domestiche e la cura dei figli, costretti allo schermo di un computer dalla didattica online: «Questa è una delle questioni da portare in piazza adesso, in un momento in cui l’elogio della scuola a distanza, messo in atto dai mezzi di comunicazione, rischia di oscurare le ragioni delle donne, che si fanno in quattro per continuare a seguire i figli e lavorare da casa. E nessuno ne parla per davvero». E continuano: «Noi immaginiamo una scuola femminista perché crediamo che l’istituzione scolastica abbia i mezzi per poterlo diventare». Chiedono a gran voce che si faccia almeno un’ora di educazione alle differenze: «Quello sarebbe solo il primo passo, però, di un progetto trasversale. L’idea è questa: che la didattica diventi un campo ideale da costruire insieme in un ambiente collaborativo». 

Non mancheranno, poi, azioni più performative: «il silenzio di questi mesi, che ha lasciato molte donne nella loro solitudine domestica, sarà interrotto da un urlo. Un urlo che dia spazio finalmente a noi donne, che dimostri la ferma volontà di rinnovare questa società, e denunciare tutto quello che, dopo questi mesi di assurdo silenzio, ancora non va per il verso giusto. Una normalità, come quella prima del lockdown, non è più possibile. Ora ne siamo convinte». 

Foto: pagina Facebook Non Una di Meno Bologna

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