È “troppo povera” per l’Unibo per ottenere una borsa di studio o l’esonero delle tasse

A causa del suo ISEE troppo basso, l’Azienda regionale per il diritto agli studi superiori (ER.GO) dell’Emilia-Romagna ha bloccato la borsa di studio a una studentessa neomamma iscritta all’Università di Bologna e non le ha concesso nemmeno l’esonero totale delle tasse.

Guadagna troppo poco nei 9 mesi di gravidanza. Così l’Università di Bologna non solo non le dà la borsa di studio come “studente indipendente” dal proprio nucleo familiare, ma non le concede nemmeno l’esonero totale delle tasse: entro il 18 dicembre prossimo dovrà pagare la prima rata di un importo massimo di più di 2000 euro. Un paradosso  così assurdo tanto che una stessa prof del suo corso, Sabrina Pedrini ha lanciato una raccolta fondi sulla piattaforma web “Rete del dono” in modo da poterle pagare la prima rata delle tasse universitarie. Protagonista della vicenda è Patrizia F., una ragazza neomamma single che ha deciso di iscriversi al corso di laurea triennale in Sociologia all’Alma Mater per investire il tempo di mancanza “forzata” di lavoro subito dopo i mesi di dolce attesa.

La studentessa racconta di aver fatto, lo scorso agosto, due richieste telematiche all’Unibo per l’anno in corso. Una per la no tax area, un’altra per l’ottenimento della borsa di studio. Su quest’ultima si è trovata subito di fronte a un problema: il suo ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) era troppo basso, al di sotto dei 6500 euro, tanto da non poter rientrare nella casistica di “Studente Indipendente”. Definizione che indica una lavoratrice che studia da fuori sede lontano dal proprio nucleo familiare d’origine e che non è più a casa con i genitori.

Temendo di non completare la domanda entro i termini di tempo consentiti, la studentessa ha provato a mettersi in contatto con ER.GO, l’azienda Azienda regionale per il diritto agli studi superiori (ER.GO) dell’Emilia-Romagna che si occupa di gestire il servizio. «Siamo in piena estate, ad agosto. Non mi risponderanno per questo», si convince Patrizia. E, pur di farcela a inviare la richiesta entro la scadenza, “forza” ingenuamente il sistema, sbarrando la casella alla voce “ORFANA”. Quando riesce a contattare ER.GO, spiega la situazione e il motivo dell’errore nella compilazione della domanda. E, a detta della studentessa, dall’altro capo della cornetta arriva una rassicurazione: «Non ti preoccupare, tanto prima di fare le graduatorie vengono inviate delle mail. Se c’è un problema, lo aggiusta dopo».

La chiamata successiva, però, sarebbe stata di tutt’altro tenore. Una voce al telefono le comunica che sì è risultata in graduatoria per la borsa di studio, ma con una domanda “alterata”: «Abbiamo fatto i controlli, ma tu non sei orfana». E continuano: «con un ISEE così basso, non possiamo ammetterti». Patrizia le prova tutte, per giustificarsi: «Ma l’anno scorso non ho avuto questo reddito perché ero incinta. Non ho ricevuto nessun tipo di sostegno di maternità e quindi ero impossibilitata», ha spiegato la studentessa. 

La conferma della domanda rifiutata arriva anche nero su bianco il 3 dicembre scorso: «Ai sensi di tale graduatoria la sua domanda di Borsa di Studio risulta respinta in quanto studente indipendente senza requisiti (DPCM 159/2013). Non ha, dunque, il requisito di reddito previsto dal bando per l’anno 2019», si legge nell’area telematica dedicata al profilo della ragazza, sul sito di Er.go. Dopo questa delusione, Patrizia ha sperato di ricevere almeno l’esonero delle tasse. Ma niente da fare. «Assolutamente no, l’ISEE è troppo basso», le ripetono.

Avrebbe dovuto presentare, per ottenere la No tax area, un ISEE familiare completo di quello dei suoi genitori e dei fratelli o sorelle. «Si faccia aiutare dai suoi genitori, visto che ce li ha», queste sono le parole che la ragazza ricorda a memoria.  Ma la giovane è indipendente dal proprio nucleo familiare da quando aveva 18 anni, per un totale di 9 anni. Ha sempre lavorato, facendo più lavori, da dipendente e con partita IVA: «Ho lavorato fino a un mese e mezzo di gravidanza». Ricopriva un incarico prova, in sostituzione proprio di una maternità. Ma, dopo aver detto all’azienda di essere incinta la prova è finita.

Nella totale disperazione, di fronte a una retta universitaria di più di 2000 euro da pagare chiede aiuto ai professori e alle professoresse di cui ha più stima. Tra questi, Sabrina Pedrini, professoressa a contratto presso l’Alma Mater. Che si mette subito a disposizione lanciando una raccolta fondi web che in pochi giorni raggiuge oltre i 4000 mila euro in donazioni. Ma la docente sa che questa situazione, in futuro, non potrà risolversi solo attraverso la solidarietà esterna. «Sono dei temi che devono essere rivisti. Capisco perfettamente come ER.GO possa essere arrivato a redigere dei requisiti simili. Però ci sono nuovi temi, che sono legati alle nuove povertà, alle nuove forme di famiglia, e al comportamento delle persone. Nuove emergenze, figlie del tempo che cambia, di questa nuova Istituzione. Che dovrebbero portare a una nuova legislazione universitaria», incalza la professoressa Pedrini.

Infine, Patrizia ha provato a contattare anche il Garante degli Studenti. «Mi ha risposto che in realtà è un problema contro cui lui sta lottando da anni. Ha detto che la mia situazione non gli è nuova e che però lui purtroppo non può fare niente perché è il legislatore che dovrebbe apportare una modifica a quelli che sono i requisiti per ricevere la borsa di studio», ha concluso la studentessa.

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