Spettacoli fermi per covid, la protesta dei lavoratori a Bologna

Cinema, teatri, concerti bloccati per il covid dall’ultimo DPCM. I lavoratori sono scesi in piazza questa mattina anche a Bologna per chiedere a gran voce le loro tutele.

«Se non lavoriamo nessuno ci tutela». È l’accusa dei lavoratori dello spettacolo, che questa mattina hanno manifestato a Bologna, in piazza Roosvelt, contro le misure del DPCM del 24 ottobre con cui il Governo ha sancito la totale interruzione delle loro attività. Musicisti, ballerini, attori, operatori di luna park, artisti circensi, tutti uniti nella protesta indetta da sindacati CL CGIL, FISTel CISL e UILCOM UIL e che ha mobilitato 17 piazze italiane. 

Chiudere per primi teatri, cinema e sale da concerto è stata una scelta ingiusta perché erano luoghi sicuri, dicono i manifestanti, ricordando che da giugno non si possono ospitare più di 200 persone al chiuso, anche in locali che potrebbero contenerne a migliaia. «Misuravano la febbre all’ingresso e accompagnavano al posto uno ad uno7, ha detto Alessandro, violoncellista. Ma anche le scuole di danza non meritavano di essere chiuse, soprattutto non dopo aver speso soldi per metterle a norma. «Il giovedì ci hanno detto di sistemare le scuole di danza, domenica ci hanno chiusi», ha commentato amaramente Claudia, insegnante di danza.

La richiesta è di poter riprendere a lavorare, ma anche di essere tutelati dallo Stato almeno quanto gli altri lavoratori. Fra gli operatori del settore, infatti, molti sono free-lance, molti altri lavoratori a nero, e dunque non godono di alcun tipo di tutela, né di agevolazioni per maternità, malattia, ferie od infortuni, né di pagamento di contributi. «Per noi un anno senza lavorare è un anno perso per la pensione”, ha affermato Antonio Rossa, del sindacato Lavoratori della Comunicazione (SLC) di CGIL.  

Secondo i manifestanti, le istituzioni dovrebbero combattere duramente i datori di lavoro che assumono con contratti irregolari, non elargire loro contribuiti pubblici, e riconoscere le caratteristiche di un lavoro per il quale, dietro un giorno di spettacolo, c’è un mese di preparazione. Insomma, la pandemia avrebbe fatto venire allo scoperto mancanze e ingiustizie che c’erano già. Adesso, però, è impellente trovare le soluzioni, di fronte a un mondo di lavoratori che rischia di impoverirsi enormemente.  

di Elvira Fiore

Condividi