Venivano costretti a pagare per ottenere una busta paga e a sganciare altri soldi per regolarizzare il loro permesso di soggiorno, venivano poi obbligati a restituire parte del loro guadagno. Dovevano sottostare a turni di lavoro irregolari, pena il licenziamento. E come se non bastasse, lavoravano in condizioni igienico sanitarie precarie, nonché in violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Un vero e proprio caporalato scoperto dai carabinieri di Bologna e di San Giovanni in Persiceto messo in pratica da 3 uomini di origini pakistane a Castello d’Argile nei confronti di 58 loro connazionali. Oltre alle misure cautelari applicate nei confronti dei tre indagati (due agli arresti domiciliari e uno all’obbligo di dimora, il Giudice per le Indagini preliminari (GIP) ha fatto sequestrare alla società dei 3 uomini beni per un valore complessivo pari a circa 600 mila euro.
Le indagini dei carabinieri sono partite in seguito a una protesta sindacale dei lavoratori pakistani nel luglio 2018 davanti a una ditta di Castello d’Argile. Alcuni dipendenti di una ditta metalmeccanica, che effettuava lavorazioni di oggetti manufatti in gomma per ricambi auto per conto di altre aziende, lamentavano la mancanza di un contratto di lavoro regolare, stipendi dimezzati a causa di parziali restituzioni al datore di lavoro del denaro percepito, orari superiori a quelli previsti dal contratto nazionale, di essere sovente minacciati di licenziamento qualora non si fossero adeguati a tale regime.