Nessun danno ma tanti insulti al governo e ai giornalisti. La manifestazione organizzata ieri sera a Bologna contro le restrizioni dell’ultimo DPCM del governo contava tra manifestanti ultras, esponenti di estrema destra e l’ex grillino Favia.
“Eran 300, erano giovani e forti…” e hanno manifestato contro le misure dell’ultimo DPCM al grido di “libertà, libertà” e “giornalisti terroristi”. Sono i manifestanti che ieri sera a Bologna hanno fatto partire un corteo da piazza Medaglie D’oro (la piazza della stazione di Bologna) fino in piazza VIII Agosto per dire No alle ultime misure restrittive del governo Conte per contrastare la seconda ondata di epidemia da coronavirus. Ma oltre alle misure, i manifestanti (secondo l’Ansa arrivati fino a 400-500), con fumogeni in mano, cori da stadio (e qualcuno con il braccio teso per fare il saluto romano) se la prendevano anche con i giornalisti che erano lì a seguire la manifestazione. Hanno anche assalito un videomaker di Repubblica con offese, spintoni e minacce. Secondo proprio il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari al corteo hanno partecipato numerosi ultras, esponenti di estrema destra e l’ex grillino Giovanni Favia.
Prima di partire alcuni organizzatori dal megafono hanno preannunciato di voler fare una manifestazione ordinata, apolitica, e di non cadere in provocazioni. Appena in cammino si sono levati però gli insulti al governo e slogan contro i giornalisti. In testa doppio striscione: «Riprendiamoci quel che è Stato. Lavoro e Libertà la nostra Dignità”. Sul posto c’era un ampio dispiegamento di forze dell’ordine, Digos, anche blindati di Polizia e Carabinieri.
Dopo circa un’ora e mezzo la manifestazione si è conclusa e sciolta. Nessun danno o disordine durante il percorso. Da piazza VIII Agosto i manifestanti hanno ribadito che questa era una iniziativa senza alcuna appartenenza politica, di «cittadini liberi che vengono in piazza, a cui si può togliere la possibilità di uscire ma non la libertà di poter esprimere un proprio pensiero». Nei momenti finali qualche indecisione di un gruppo che voleva raggiungere piazza Maggiore, cuore e simbolo di Bologna. Poi dal megafono l’invito a non fare ‘passi falsi’.
foto: Ansa