“Il padrone di merda”, sui social una pagina per denunciare a Bologna sfruttamento e molestie a lavoro

La vendetta è un piatto che va servito freddo, ma di questi tempi ancora meglio se sui social. È nata su Facebook da due settimane e conta già più di 1500 “mi piace” una pagina in cui è possibile vendicarsi contro il proprio “Padrone di merda – Bologna” (nome della pagina), cioè contro il datore di lavoro che a Bologna sfrutta o addirittura molesta i propri dipendenti. 

Le segnalazioni avvengono contattando in privato i gestori della pagina che, se le indicazioni risultano veritiere, organizzano delle incursioni davanti l’attività e, con un megafono e con indosso delle maschere in stile fumetto “V per Vendetta”, «sputtanano» il “padrone di merda” e i suoi modi di sfruttare o molestare i lavoratori. «Non vogliamo limitarci a segnalarle solo sui social, ma andiamo fisicamente davanti l’azienda facendo il nome dell’attività perché la gente deve sapere che quel bar dove ci si va a prendere il caffè o quella particolare pizzeria sono luoghi che guadagnano sullo sfruttamento dei lavoratori», hanno detto i gestori della pagina Facebook.  

Durante l’incursione i manifestanti utilizzano tutti una maschera per rendere la protesta impersonale e per tutelarsi da possibili ripercussioni del datore di lavoro. Del gruppo mascherato fanno parte anche gli stessi dipendenti che, ormai stufi di essere sfruttati, hanno deciso di farsi forza unendosi ai gestori della pagina che danno una mano a denunciare lo sfruttamento anche se in forma anonima. 

Ad organizzare le proteste sono una quindicina di ragazzi tra i 19 e i 27 anni che per mantenersi a Bologna come studenti e per poter pagare affitti molto alti sono “costretti” ad accettare lavori sottopagati e precari. I lavoretti sono quelli tipici da studenti universitari come baristi o camerieri.  «Abbiamo avuto un boom di segnalazioni e di ringraziamenti per avere creato questa pagina. Sul posto di lavoro si fa fatica a denunciare lo sfruttamento perché gran parte delle volte si ha così bisogno di soldi (anche se pochi) che si tace e lo sfruttamento lo si fa scivolare addosso. Invece, con la nostra pagina i ragazzi si sentono più forti e soprattutto non più soli», dicono gli ideatori del “Padrone di merda”. 

Molte sono state anche le segnalazioni di ragazze che, oltre alle paghe bassissime, hanno denunciato avances non gradite dai proprietari di alcuni bar della zona universitaria. «Molte ragazze ci hanno scritto di aver ricevuto molestie da un proprietario di un bar e se più persone ci dicono la stessa cosa allora noi ci crediamo. Abbiamo deciso quindi di voler dare coraggio alle ragazze per denunciare l’accaduto tramite la nostra pagina. È una rottura del silenzio per tante donne che possono raccontare a qualcuno le molestie subite e condividere le proprie paure», fa sapere il gruppo di ragazzi che gestisce la pagina. 

Più che una rivendicazione legale, l’obiettivo è la vendetta e poter far sapere a tutti che «quel padrone è uno stronzo». Viene usata questa forma di denuncia partendo dai social perché – hanno spiegato gli ideatori del “Padrone di merda” –  da parte dei ragazzi c’è una profonda sfiducia nelle istituzioni. Pensano sia quasi inutile denunciare lo sfruttamento ai sindacati perché la precarietà del lavoro occasionale è del tutto legale. Per le molestie le donne hanno paura e pensano di non essere credute. La pagina risulterebbe un modo per raccontarlo a dei coetanei che possono comprendere il disagio vissuto.

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