Per Giuseppe Tesauro, presidente emerito della Corte Costituzionale: «La riduzione dei parlamentari è uno slogan elettorale, un’offesa ai valori della democrazia». 

“A dire di No si fa sempre in tempo”, dice un detto popolare. Bene, questo tempo è arrivato, ovvero il prossimo 20 (e 21) settembre al referendum costituzionale che prevede il taglio di un terzo del numero parlamentari alla Camera e al Senato. In soldoni, il taglio porterebbe i deputati a 400 e i senatori a 200 anziché gli attuali 630 e 315. È un voto che chiede, dunque, di modificare gli articoli della Costituzione in cui vengono decisi quanti devono essere in parlamento i nostri rappresentanti. Ma perché tagliarli? Il Movimento 5 stelle, in prima fila per il Sì alla riforma, parla di un grosso risparmio economico, ma che in realtà sarebbe pari 100 milioni di euro l’anno (circa un caffè al giorno per ogni italiano). Briciole. La riforma è per lo più bandiera del populismo e dello slogan “Mandiamoli a casa”. Ma chi si manderebbe a casa votando Sì? I nostri rappresentanti. In poche parole, le nostre idee. 

Oggi ci sono un deputato ogni 96 mila abitanti e un senatore ogni 188 mila abitanti. Con il taglio ci sarebbe un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila. Dopo la riforma diminuirebbe sensibilmente il numero di rappresentanti per abitante. Esempio: la Calabria avrebbe meno 40 per cento dei suoi rappresentanti (da 10 a 6 senatori). L’Abruzzo avrebbe 4 senatori invece che 7. La Basilicata passerebbe a 3 senatori invece che 7. Il Trentino, però, perderebbe solo un seggio. E questa differenza aumenterebbe la disparità di rappresentanza da regione a regione. Se la domanda fosse posta in altri termini: vorreste voi eliminare una possibile vostra rappresentanza in parlamento? Probabilmente direste già di No. Ma, furbamente, la domanda sul referendum è posta diversamente: vorreste eliminare un terzo del Parlamento? A pelle, la prima risposta sarebbe: “Sì, magari. Mandiamoli a casa questi privilegiati”. 

I parlamentari sono dei privilegiati, è vero. Ma lo sono perché sono alti i loro stipendi e i loro privilegi. Non perché sono tanti. Sono tanti perché più sono più rappresentano ognuno di noi. Questa è democrazia. Tagliare il numero dei nostri rappresentanti vuol dire tagliare la democrazia. Non sarebbe meglio se tutti noi fossimo rappresentati da parlamentari più onesti? Il taglio del numero dei senatori e dei deputati non è conseguenza di una qualità maggiore. Votare Sì significa tagliare parte della nostra rappresentanza. Ecco perché votare No difende le nostre idee e la democrazia. 

Un taglio dei parlamentari poteva essere ragionevole se, però, fosse stata fatta prima una legge che avesse modificato «il funzionamento delle nostre istituzioni», come sottolinea Romano Prodi che per questo motivo è per il No a questa riforma. Così come Matteo Rossini del comitato per il No di Bologna che, come si legge su Repubblica, si richiama all’eredità di Umberto Terracini per sottolineare che «il popolo italiano è chiamato a difendere la sovranità del Parlamento, così come è stata concepita dai padri costituenti».  Per Giuseppe Tesauro, presidente emerito della Corte Costituzionale: «La riduzione dei parlamentari è uno slogan elettorale, un’offesa ai valori della democrazia». E, aggiungo io, un’offesa al popolo che arriva proprio da quel populismo che continua a “rigirare” il popolo con i suoi slogan. 

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