Coronavirus, “sceriffi” sui social contro chi esce di casa: paura o odio?

La paura ai tempi del Coronavirus è una paura inedita che si trasforma ben presto in rabbia, che a sua volta, diventa frustrazione. Sfogarla è semplice: ti affacci il balcone, individui una qualsiasi persona in strada e quindi al di fuori della propria abitazione e fai scattare la gogna social. Basta andare su un qualsiasi gruppo Facebook di paese o città per vedere con i propri occhi una vera “caccia alle streghe” dei nostri tempi. Nel mirino finiscono tutti, da chi porta fuori il cane a chi entra nel supermercato per comprare solo pochi alimenti. Poi ovviamente c’è chi si accanisce contro i runner «che corrono nelle vie secondarie per evitare i posti di blocco» o chi si lamenta perché «hanno chiuso le chiese ma non i tabacchini».

Naturalmente nascono discussioni, litigi, scaturiscono offese, insulti e chi più ne ha più ne metta. Eppure, in giorni tragici e difficili come questi sarebbe naturale pensare a un Paese unito, che lascia da parte l’astio per aiutare, comprendere, non giudicare il prossimo. Magari chi sta passando sotto la nostra finestra in questo momento non è un trasgressore menefreghista, forse sta andando in farmacia a comprare le medicine per i propri nonni, o a portare la spesa ai genitori. Esiste la possibilità che stia tornando da lavoro, o che ci stia andando. Si è passati dall’aggredire lo straniero all’aggredire il vicino di casa. La motivazione però non cambia: bisogna trovare un capro espiatorio, l’untore che mi ha confinato a casa e sicuramente per causa sua dovrò rimanerci per chissà quanto ancora. Curiosamente, nessuno tra gli autori di questi post su Facebook pare abbia pensato di avvertire le autorità invece di scatenare bufere di invettive (come qualche utente aveva suggerito). 

Certo, della telefonata alla polizia non verrebbe a sapere nessuno, sui social si ha l’opportunità di mostrarsi come paladini della legge e della giustizia. Abbiamo veramente bisogno di ulteriori polemiche, persino tra concittadini? «Uniti ce la faremo», ha ribadito più e più volte il premier Giuseppe Conte. Sarebbe bello se uniti lo fossimo davvero. Il professor Massimo Recalcati questa mattina ha scritto: /Unità nazionale; unificazione degli ideali, solidarietà, condivisione, appartenenza, patriottismo, radici, memoria collettiva, cura. Traduciamo in Eros la violenza di Thanatos». 

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