«Ero convinto di aver aperto un’attività completamente legale con tasse pagate e permessi richiesti e qua c’è chi mette in discussione la legalità del mio negozio». Beppe Barra, proprietario e gestore del negozio di prodotti di canapa (grow shop) “Cannabis Store Amsterdam” di via Indipendenza a Bologna sembra stupito ma non molto preoccupato per le minacce del ministro dell’Interno, Matteo Salvini che, pochi giorni fa ha minacciato di voler chiudere tutti i negozi (grow shop) che vendono le infiorescenze di canapa “light”, ovvero quelle che, per legge, non sono considerate sostanze stupefacenti Barra è solo molto sorpreso di come il ministro si accanisca contro migliaia di italiani che hanno investito i loro soldi in attività commerciali regolari.  

Solo 4 giorni fa con un fare del tipo “Io sono la legge”, Salvini ha promesso di chiudere tutti i grow shop che in Italia vendono le infiorescenze di canapa “light”.  Secondo il ministro dell’Interno, in quei negozi si venderebbe droga nonostante quel tipo di canapa abbia un tenore del principio psicotropo (THC) inferiore ai limiti di legge. A essere drogato di propaganda e offuscato dal suo stesso potere che lo logora e lo consuma giorno per giorno è lo stesso SalviniProprio il suo partito, 3 anni fa votò a favore di una legge (la 242/2016) che prevede la possibilità di coltivare canapa con tenore di THC fino allo 0,6 per cento. A ricordarcelo è stato addirittura il Movimento 5 stelle, suo alleato di governo. 

Quella legge ha una falla legislativa: non menziona l’uso delle infiorescenze della canapa industriale. Nonostante i coltivatori possano produrre piante con THC fino allo 0,6 per cento non chiarisce, dunque, l’uso dei fiori della canapa industriale. I legislatori stanno cercando di risolvere questo buco nella legge 242/2016. Un recente orientamento della Suprema Corte, discostandosi da un precedente indirizzo, ha considerato legittima la commercializzazione al dettaglio delle infiorescenze con THC inferiore allo 0,6 per cento. Ma i dubbi interpretativi rimangono tanto che la Quarta Sezione della Corte di Cassazione ha chiamato in causa le Sezioni Unite che, il 30 maggio, sentenzieranno sul contrasto interpretativo della commercializzazione della “cannabis light”. Tutto nasce dal conflitto tra la legge del 2016 (quella votata anche dalla Lega), che ammette la vendita di articoli con un THC inferiore allo 0,2 e la coltivazione fino a 0,6 e la legge unica sugli stupefacenti. In particolare, si sta cercando di capire se le infiorescenze possono essere vendute per fini connessi all’uso alimentare, cosmetico e di combustione.  

Intanto le minacce di Salvini sono solo chiacchiere da bar e da social perché saranno i giudici a decidere il destino della canapa “light”, non il ministro. E tra le varie “novelle” raccontate dal leghista è arrivata, poche ore dopo lo sproloquio di chiudere tutti i grow shop, una direttiva dal ministero dell’Interno che avrebbe dovuto far paura alle circa 10mila persone che hanno investito i propri risparmi per aprire legalmente i loro negozietti. E invece “Io sono la legge” Salvini non ha fatto paura a nessuno. Secondo alcuni avvocati esperti del settore, la direttiva del Viminale non cambia nulla di quello che è stato deciso finora dai giudici. Esorterebbe solo gli enti e la polizia locale ad intensificare controlli. Secondo l’avvocato Giacomo Bulleri, «la “direttiva” non è altro che l’ennesima circolare che, come tale, è vincolante per la Pubblica Amministrazione e non per il cittadino». Per l’avvocato, «resta il dubbio che si tratti di un tentativo di condizionare l’operato delle Sezioni Unite in spregio ad ogni principio di diritto, di legalità e di separazione dei poteri».  

I commercianti che nei loro negozi vendono le infiorescenze di canapa “light” si dimostrano poco preoccupati della direttiva d’urgenza di Salvini contro i canapai. «Dalla minaccia di un “vi chiudo tutti” a una direttiva che pare aumenti solo i controlli si è passato a qualcosa di più ragionevole. L’aumento dei controlli non ci preoccupa. Anzi, ben vengano così ci uniformiamo alle normative di legge», ha concluso Beppe Barra del Cannabis shop di via Indipendenza.

 

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