In migliaia in Piazza Maggiore per George Floyd e contro il razzismo

Tutti in ginocchio per alcuni minuti, con mascherine e cartelloni che riportavano slogan per commemorare George Floyd, l’afroamericano morto in Minnesota lo scorso 25 maggio dopo essere stato immobilizzato da un poliziotto per 8 minuti e 46 secondi con un ginocchio sul collo. Erano circa un migliaio le persone che ieri sera alle 19 hanno riempito Piazza Maggiore per dire no al razzismo in un flashmob “Say their name” organizzato dall’associazione Arci Ritmo Lento. Dopo il lunghissimo applauso dei manifestanti, gli organizzatori hanno dato il via a un coro intonando la canzone “Hell you Talmbout”, ripetendo non solo il nome di George Floyd, ma anche quelli di altri afroamericani vittime di violenza come Breonna Taylor, Tony McDade, Marielle Franco, Sandra Bland e Soumaila Sacko, il migrante maliano di 29 anni sfruttato nei campi agricoli di Reggio Calabria, ucciso da un proiettile alla testa il 2 giugno del 2018. 

Terminata la performance, il microfono è stato lasciato aperto per consentire a chi lo desiderasse di intervenire per raccontare e denunciare il razzismo subito. La prima a parlare è stata Nicole Jacqueline Dassi: «Per ribadire il concetto che l’omicidio razzista non è che la punta dell’iceberg, vorrei iniziare con questi episodi accaduti in Italia che forse qualcuno ha dimenticato: Daisy Ousakue, l’atleta italiana medaglia d’oro nel lancio del disco alle Universiadi 2019 , il 30 luglio del 2018 viene colpita in un occhio da un uovo lanciato da tre ragazzi italiani perché nera. Vorrei citare Deodatus Nduwimana, sacrestano a Gallarate in provincia di Varese che nell’agosto 2019 denuncia di aver subito ripetutamente aggressioni razziste da un compaesano. Kalidou Koulibaly, giocatore del Napoli che nel 2018 risponde agli insulti razzisti con orgoglio».

L’elenco è lungo e prosegue con tutti gli omicidi a sfondo razzista avvenuti in Italia negli ultimi anni, che si chiude, tra gli applausi della folla commossa e indignata, ricordando l’omicidio di Idy Diene, ucciso a colpi di pistola il 5 marzo 2018 a Firenze. «Vogliamo anche menzionare tutte le vittime della tratta di esseri umani che coinvolge tutta l’Africa eil nostro Paese! Ricordando anche le donne costrette a prostituirsi, vittime del caporalato che sono sfruttate nei nostri campi, che raccolgono ciò che mangiamo! Infine, ricordiamo tutti coloro che sono sfruttati per lo spaccio e per la delivery. Black lives matter! Black italian lives matter!». Parole accolte con grida di entusiasmo da parte di tutti i presenti e che hanno sottolineato con forza quanto la realtà italiana non si discosti più di tanto da quella vissuta oggi in America.  

Youlsa Tangara prende in mano il microfono e si appella alla Costituzione: «Abbiamo il diritto di essere qui in Italia perché è scritto nell’articolo 3 della Costituzione italiana, tutti sono eguali davanti alla legge senza nessuna distinzione». Ripete poi i nomi di chi è morto a causa di un razzismo che troppe volte, soprattutto nel nostro paese, viene ignorato, come se fossero singoli episodi non degni di nota. E invece, i ragazzi e le ragazze che oggi hanno preso parola di fronte a una Piazza Maggiore gremita ci hanno ricordato che il razzismo in Italia è una piaga presente ancora oggi. Ed è ora di dire basta, definitivamente.

Ieri Bologna non è scesa in piazza solo per ciò che è accaduto e che sta accadendo in America, ma anche e soprattutto per Idy Diene, Soumaila Sacko, Emmanuel Bonsu, Assane Diallo, Vakhtang Enukidze, Modou Diop e per i morti annegati nel Mediterraneo, rimasti senza nome, tuttavia non dimenticati. «Chiediamo un futuro migliore per tutti quanti, perché siamo tutti esseri umani! Basta razzismo, vogliamo respirare!», dice Malam Danfa. Frasi potenti, che racchiudono un messaggio semplice: siamo tutti uguali. Migliaia di persone ieri sera lo hanno dimostrato. 

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