Più i bambini passano il tempo al cellulare, più c’è il rischio che vengano adescati 

Più di 2 bambini su 10 danno l’amicizia nelle piattaforme online che frequentano a persone che non conoscono e quasi il 20% di loro interagisce con utenti sconosciuti, risponde ai loro commenti e ai loro messaggi.

Il 74% dei bambini utilizza sistematicamente la chat di WhatsApp, non solo per interagire con i familiari, ma anche con gli amici. Il 22% usa anche le chat di Instagram e di Tik Tok e il 40% quelle dei videogiochi. Oltre 6 bambini su 10 hanno già uno smartphone personale a partire dai 9 anni e il restante 40% utilizza sistematicamente quello del genitore, anche senza un controllo appropriato. Sono alcuni dati diffusi oggi dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza Onlus in seguito a un progetto finanziato da Google.org che rivela quanto si sia abbassata vertiginosamente l’età di utilizzo, l’accesso ai servizi della rete e l’apertura del primo profilo social, esponendo i bambini a un pericolo sempre maggiore di incorrere in persone che sfruttano la rete per adescare i minori per scopi personali. 

Quasi 3 bambini su 10 tra i 9 e i 10 anni hanno un profilo su Tik Tok, 1 su 10 della stessa età su Instagram e 1 su 10 ha un suo canale YouTube. Il 96% dei bambini guarda video su YouTube e il 43% su Tik Tok. Più di 2 bambini su 10 danno l’amicizia a persone che non conoscono e quasi il 20% di loro interagisce con utenti sconosciuti. C’è un’eccessiva precocizzazione dell’utilizzo quotidiano della tecnologia fin dalla prima infanzia. 

La pandemia, inoltre, ha incrementato le ore di utilizzo della tecnologia per via della didattica a distanza e delle relazioni tra pari e affettive veicolate da smartphone, tablet, pc e PlayStation. Questa condizione ha fatto incrementare i numeri dell’adescamento online soprattutto dei bambini, anche molto piccoli. È difficile accorgersi che un figlio sia stato adescato perché gli adescatori sono abili e preparati, si nascondono dietro profili costruiti appositamente per non destare nessun sospetto, sono spesso mascherati da coetanei in grado di parlare il loro linguaggio, di giocare bene ai videogiochi e di interagire con loro. Usano tutti i canali possibili, studiano le loro abitudini e le loro aree di interesse. Possono interagire nei commenti anche sotto dei video generici, oppure sfruttare i videogiochi, i vari blog e profili social per poi cercare di spostare le conversazioni nelle chat private. A volte conquistano la loro fiducia interagendo con loro anche per mesi, fino a quando non sono in grado di manipolarli mentalmente e indurli a soddisfare le loro richieste. Il bambino generalmente si vergogna o ha paura di raccontare quello che gli è accaduto e non si apre con gli adulti.  

Dai dati è emerso un quadro piuttosto preoccupante in relazione all’adescamento. Più di 2 bambini su 10 danno l’amicizia nelle piattaforme online che frequentano a persone che non conoscono e quasi il 20% di loro interagisce con utenti sconosciuti, risponde ai loro commenti e ai loro messaggi. Questi comportamenti espongono i bambini ad un rischio elevatissimo e devono essere impediti perché i più piccoli, da soli, non sono in grado di capire quando sono vittime di adescamento. Inoltre, il 36% dei bambini, soprattutto i maschi, giocano in rete con utenti che non conoscono e interagiscono direttamente con loro. 

«Io credo che non ci si renda conto dell’esposizione e del rischio potenziale che corrono quotidianamente i bambini in rete. Sono numeri preoccupanti, sono troppo alti per la loro età. Purtroppo tanti genitori e insegnanti si fanno ingannare dalla dimestichezza con la quale i bambini utilizzano gli strumenti tecnologici. Il fatto che sappiano usare uno smartphone e tutte le sue applicazioni, non significa che abbiano la consapevolezza di ciò che fanno e che siano pronti per un corretto utilizzo», sottolinea la dottoressa Maura Manca, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza. 

Molto spesso i bambini non sono in grado di riconoscere i pericoli della rete e di identificare quando qualcuno sta cercando di entrare nella loro cerchia di fiducia per adescarli. «Il vero problema di oggi, e soprattutto di domani, non è la dipendenza dalla tecnologia ma l’adescamento online (grooming) che è già in notevole crescita. Un figlio in rete non è immune ai pericoli. Per essere immune deve essere in grado di pensare in maniera critica e deve essere abituato dal genitore a farlo quotidianamente attraverso una costante e continua educazione digitale efficace. Per contrastare il grooming si deve insegnare ai bambini a non interagire mai con utenti sconosciuti, a non dare informazioni personali a nessuno, anche all’utente che sembra più amichevole e più in sintonia con loro», continua Manca. 

Come intervenire?  

Il problema non è legato a una piattaforma social piuttosto che a un’altra. Oggi le app più scaricate “parlano” tra loro e rappresentano il mezzo principale per comunicare e per scambiarsi qualsiasi tipo di materiale, anche privato. Nonostante siano vietate ai minori di 13 anni, sono utilizzate dai bambini quotidianamente. Servono delle regole chiare, dei patti di fiducia anche quando utilizzano il telefono di un genitore. I limiti servono per un corretto utilizzo.

Il telefono non è un calmante, quantomeno un sonnifero. Si devono impostare i blocchi, le impostazioni della privacy, controllare la cronologia delle loro attività in rete. Più sono piccoli, meno lo devono usare da soli, neanche nelle chat con i compagni di classe perché spesso sono proprio le chat private il maggior diffusore di materiale che non deve circolare tra bambini. Monitorare non significa invadere la loro privacy, significa camminare accanto a loro e stare attenti ai cambiamenti dei loro stati interni e al loro atteggiamento nei confronti della tecnologia. Non basta controllare, bisogna insegnargli a navigare correttamente e se un genitore ha delle lacune deve avvalersi dell’aiuto di esperti in grado di insegnargli come essere una guida efficace. 

Fonte: Osservatorio Adolescenza Onlus 

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