Coronavirus, «Al Sant’Orsola mascherine non a norma agli infermieri»

«Al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, nonostante si continui a registrare un trend in continua crescita dei contagi tra gli operatori sanitari, la direzione sanitaria ha comunicato a tutte le unità operative il ritiro di mascherine FFP2 non a norma dai reparti». Lo ha fatto sapere oggi Antonella Rodigliano, segretaria territoriale del sindacato degli infermieri Nursind di Bologna, che sottolinea come l’alta trasmessibilità dei virus dovrebbe comportare la messa a disposizione degli infermieri delle migliori tecnologie per prevenire il contagio, mentre, invece, si hanno esigue forniture di dispositivi individuali di sicurezza e di dubbia adeguatezza e, come se non bastasse, anche con errori nelle forniture. 

«Quanto accaduto al Sant’Orsola potrebbe aver cagionato danni non irrilevanti agli operatori sanitari dei reparti Covid-19, i quali potrebbero aver contratto il virus, diventando positivi e dunque costretti a dover abbandonare l’attività lavorativa, con grave danno per la struttura sanitaria che perde personale», ha detto Rodigliano. Non solo, «ci potrebbero essere danni anche per gli operatori sanitari che si vedono proiettati ad affrontare la quarantena ed anche l’eventualità non remota di affrontare il percorso di cura, e per i loro famigliari, i quali potrebbero possono essere stati a loro volta contagiati. Tutto ciò è inaccettabile, non può e non deve succedere in una struttura sanitaria, cioè il luogo dove somministrare cure e non creare rischi per la salute a pazienti e personale sanitario». La rappresentante sindacale ha tenuto, inoltre, a precisare che quando si è a contatto con soggetti che potrebbero essere stati contagiati occorrono dispositivi specifici e non le semplici mascherine chirurgiche, anche perché in caso di contagio insorgono delle responsabilità. 

«Aver distribuito agli operatori sanitari un dispositivo di sicurezza, con l’indicazione che si trattava mascherine FFP2, e poi scoprire che si tratta di mascherine chirurgiche, non è una questione di poco conto. Si tratta di un errore che potrebbe aver un impatto non trascurabile sulla salute degli operatori sanitari, circostanza che fra l’altro richiede verifiche scrupolose e l’attivazione di tutti gli strumenti di tutela da parte degli enti previdenziali ed assicurativi, oltre ad individuare le responsabilità del datore di lavoro». 

Condividi