Accumulo compulsivo, a Bologna una serie di incontri su un disturbo sottostimato

Quando conservare oggetti diventa un problema? È una delle domande alle quali si è voluto rispondere durante l’incontro “Come l’organizzazione genera benessere. Ovvero alleggerisci la tua casa per vivere felice” tenutosi ieri nella sede del quartiere Reno di via Battindarno a Bologna. È stato il primo di una serie di eventi organizzati dall’associazione APOI (Associazione Professional Organizers Italia) e il Comune di Bologna con l’obiettivo di attuare azioni di sensibilizzazione e prevenzione riguardo al Disturbo di Accumulo (DA). 

Il DA è un disturbo che è studiato solo dal 2013 ed è stato inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V) indicato con il termine Hoarding Desorder o disposofobia, che significa letteralmente “paura di buttare”. Nel DSM-V, viene definito come «disturbo caratterizzato dalla difficoltà di buttare determinate cose», indifferentemente dal loro valore. Il materiale o gli oggetti che le persone conservano, possono essere di qualsiasi tipo: si va dalla collezione di oggetti di valore, o per la maggior parte giornali, figurine, riviste, fino all’accumulo di spazzatura. L’accumulatore compulsivo, conserva e accumula per una questione emotiva.  

Dopotutto, chi non si è mai rattristito buttando una maglietta che indossava a scuola? «Il primo fattore che non ci consente di buttare oggetti è dato da una situazione di tristezza, di disagio. L’oggetto può avere a che fare con la nostra individualità, o anche una questione di memoria. Scriviamo e raccogliamo parole per ricordare. Raccogliamo oggetti per paura di dimenticare», ha detto il professore associato di psichiatria Marco Menchetti. 

«Spesso conserviamo biglietti di viaggi, foto, ticket del cinema come promemoria della nostra esistenza, come parte della nostra storia di vita. Ma la raccolta di cimeli può a volte diventare di dimensioni esagerate portando ad un disfacimento fisico e psico-emotivo»., ha concluso il professore.

Tra le cause ce ne possono essere molte e le più variegate: problemi d’ansia, depressione, traumi, un evento drammatico, una separazione. Infine, dagli ultimi studi, si detiene che possono essere problemi biologici. Gli accumulatori compulsivi possono anche presentare problemi dal punto di vista cognitivo: non riescono a scegliere gli oggetti, categorizzarli e individuarne la loro autentica utilità. Per questo l’associazione APOI (Associazione Professional Organizer Italiana), diretta da Irene Novello e Lorenza Accardo, propone diverse metodologie educative nell’organizzazione di materiali e oggetti, studiati da professionisti dell’organizzazione.

Insieme al Comune di Bologna, ASL e Sistema Sociale hanno siglato un accordo lo scorso aprile, in cui tendono mettere in campo una serie di attività che vanno dall’individualizzazione del problema con sedi di aiuto, il sostegno al paziente aiutandolo nell’uso di metodi di organizzazione e categorizzazione fino a renderlo autonomo, e nei casi più estremi e di pericolo, lo sgombero dell’abitazione. Un accordo che pone una sfida autentica a chi soffre di questa patologia nel cercare di aiutarlo rendendo questi incontri dei veri e propri punti di riferimento.

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