L’orto botanico di Bologna tra i più antichi giardini d’Europa

L’orto botanico di Bologna è uno dei più antichi d’Europa, assieme a quelli di Pisa, Padova e Firenze, infatti nasce nel XVI secolo, su proposta di Ulisse Aldrovandi, uno dei più grandi naturalisti dell’epoca. Lo scienziato realizzò il progetto, ideato dal suo maestro di botanica Luca Ghini, solo dopo svariati tentativi, e infine ottenne il giardino del Palazzo Pubblico, vicino al Palazzo Comunale. Ben presto tuttavia, il luogo si rivelò troppo piccolo per ospitare le collezioni di piante che andavano arricchendosi, e Aldrovandi si adoperò per trovare una nuova sede ufficiale. Nel 1587 l’orto venne quindi spostato nel cosiddetto Borghetto di San Giuliano, nel quartiere Santo Stefano. Ma questa nuova sistemazione ebbe vita breve, e presto il Palazzo Pubblico ritornò ad essere la sede principale.

Solo sotto Napoleone l’orto botanico troverà la sua collocazione definitiva in un terrapieno tra Porta San Donato e Porta Mascarella, dove tuttora è: l’erbario venne trasferito, e il progetto fu affidato all’architetto Giovanni Battista Martinetti, lo stesso che si occupò del restauro del giardino della Montagnola. Nel 1805 Napoleone in persona venne in visita a Bologna, e viste le condizioni scadenti in cui versava l’Università, fece sì che venisse rinnovata. Consegnò la Torre di Cocceno, confiscata ai monaci di San Michele in Bosco, al Comune della città, perché fosse venduta e coi ricavati venne assicurato il mantenimento dell’orto.

Se i primi anni del ‘900 furono il periodo d’oro delle migliorie della zona universitaria, e quindi dell’orto botanico, durante la Seconda Guerra Mondiale questo venne abbandonato. Il giardino fu invaso da piante infestanti e si ridusse ad una boscaglia incolta. Solo grazie al fisiologo vegetale Felice Bertossi, diventato direttore dell’erbario nel 1964, si diede inizio ad un’importante opera di restauro del giardino, che venne dotato di personale, attrezzi e nuove serre.

Il giardino

L’ingresso di via Irnerio 42 si affaccia sulla parte anteriore dell’erbario, che contiene numerose piante sia locali sia provenienti da America e Asia. Qui, tra le altre cose, possiamo osservare un raro esemplare di Metasequoia gliptostroboides, una specie diffusa nel Mesozoico, e ritenuta estinta fino al 1945; accanto a questa c’è una serie di individui di Taxus baccata, una varietà di conifera altamente velenosa, per questo chiamata “Albero della morte”. Ma la parte più estesa e ricca del giardino è quella posteriore, dove sono presenti serre, vasche per le piante acquatiche, boschi, e il giardino roccioso. Nelle serre sono ospitate svariate specie esotiche: piante tropicali, tra cui non mancano il mango, il tabacco, il caffè; piante grasse e piante carnivore, come la cosiddetta “venere acchiappamosche”. Vicino alle serre si può ammirare l’aiuola delle piante officinali, da cui si ricavano farmaci, cosmetici, profumi e anche veleni. Nel giardino roccioso invece vivono alcune specie tipiche degli ambienti pietrosi, come le stelle alpine e i garofani. Poi c’è uno stagno, di grande valore in quanto rappresenta l’habitat umido caratteristico della Pianura Padana incontaminata. Questo ambiente infatti sta scomparendo a causa delle continue bonifiche e dell’inquinamento. Infine, nella zona nord dell’erbario si trova il bastione con le ricostruzioni forestali: qui sono riprodotti vari tipi di boschi, da quello mediterraneo, caratterizzato da arbusti e sempreverdi, come il corbezzolo e il leccio; a quello appenninico, in cui sono comuni l’acero, il biancospino e l’ortica.

di Anna Passanese

un articolo a cura di Giovani Reporter

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