La particolarità è che per la prima volta in Italia non è stato il donatore a spostarsi verso l’ospedale ma i medici e gli specialisti a spostarsi verso il donatore.

È stato trapiantato all’Irccs policlinico Sant’Orsola di Bologna un cuore fermo da 20 minuti (donazione a cuore fermo), ma la particolarità è che per la prima volta in Italia non è stato il donatore a spostarsi verso l’ospedale ma i medici e gli specialisti a spostarsi verso il donatore in modo da assicurare replicabilità e performance migliori. Gli specialisti dell’Unità operativa di Cardiochirurgia dell’Irccs policlinico Sant’Orsola di Bologna, diretta dal professor Davide Pacini, sono andati all’ospedale di Santa Maria delle Croci a Ravenna dove è stato prelevato il cuore. 

È stata poi applicata una tecnica di riperfusione  che consente di salvaguardare le funzionalità degli organi e facilitare la ripresa del cuore anche dopo la cosiddetta “morte cardiaca” del donatore, per la quale la legge in Italia prevede un tempo di attesa di osservazione, prima del prelievo, di 20 minuti. Poi il trapianto sul ricevente è stato effettuato al Sant’Orsola di Bologna. 

In Emilia-Romagna questo trapianto è il primo da “donatore a cuore fermo”, mentre è il settimo in Italia. La maggior parte dei trapianti resta ancora legata alla morte cerebrale con prelievo dell’organo a cuore battente. 

In questo caso, invece, comporta la donazione a cuore fermo, già in crescita per organi come reni, fegato o polmoni, più complessa per il cuore tra i più sensibili alla mancanza di ossigeno durante l’arresto della circolazione sanguigna.

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