Lucia Borgonzoni critica il nostro concorso fotografico senza leggere il regolamento

Secondo la leghista fedelissima di Salvini e sottosegretaria alla Cultura del governo, Lucia Borgonzoni, un nostro concorso di fotoreportage avrebbe potuto istigare persone a fotografare le scritte sui muri di Bologna perché «belle». Ma bastava leggere il testo del concorso per capire che non era affatto così.

«Premiare chi fotografa qualcosa che è un reato istiga a fare qualcosa che non andrebbe fatto soprattutto quando i portici dovrebbero essere riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità. Dire che viene premiato qualcuno che fa delle foto a degli scarabocchi, e viene messa l’immagine di uno scarabocchio, sembra che si istighi a fare una foto perché è bello». È l’interpretazione della leghista e sottosegretaria alla Cultura nel governo Draghi, la bolognese fedelissima a Matteo Salvini, Lucia Borgonzoni, del concorso fotografico sui “Muri di Bologna” ideato dal nostro giornale. Alla domanda rivolta alla sottosegretaria: «Ha letto il testo del concorso?», Borgonzoni non ha risposto. E forse ha fatto bene, potrebbe essersi risparmiata una bella figuraccia. Perché chi ha letto il testo, e soprattutto ha saputo comprenderlo, ha capito che il concorso non istigava né a scrivere sui muri né a fotografare le scritte sui muri «perché belle» (come dice la sottosegretaria alla Cultura). Se le scritte sui muri di Bologna sono belle o brutte non spetta dirlo a noi, organizzatori del concorso fotografico. Lo diranno i lettori. 

Ma il “bello” di tutto questo è che il nostro concorso fotografico sui muri di Bologna non è stato un concorso sulle scritte sui muri della città. È stato un concorso di fotoreportage sui muri di Bologna, ovvero era possibile inviarci fotografie anche semplicemente dei portici di Bologna (senza scritte) oppure dei palazzi di periferia (senza scritte) oppure delle serrande chiuse dei negozi, oppure i graffiti, oppure anche le scritte sui muri fotografate, magari, per denunciare quel reato di cui parla la sottosegretaria.  

 

A noi della Gazzetta di Bologna è dispiaciuto molto che c’è qualcuno che giudica un concorso fotografico dall’immagine usata senza aver letto o forse compreso il testo. Un’usanza, quella di fermarsi alla foto, o all’immagine, o all’apparenza (senza badare ai contenuti), ainoi, molto diffusa e che potrebbe “istigare” qualcuno a capire fischi per fiaschi. 

Il ricavato del concorso andava interamente a un’associazione che si occupa di formazione di bambini in Senegal.

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