«Perché approvare il Piano per nuovi distributori di benzina?»

«Perché il Comune di Bologna non chiarisce l’incompresa ragione per la quale sta procedendo all’approvazione definitiva del POC Carburanti (Piano Operativo Comunale) per il posizionamento di nuovi impianti di distribuzione carburante, che prevede, da un parte, la realizzazione di 7 nuovi impianti di distribuzione e, paradossalmente dall’altra, sostiene uno strumento urbanistico adottato dalla Città Metropolitana (PUMS) che programma la riduzione del 28% della mobilità su auto nei prossimi 10 anni ?». È la domanda che AssoPetroli (l’associazione che rappresenta le imprese del settore energetico)la Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti (F.G.I.S.C.) della Confcommercio Bologna e l’associazione bolognese che rappresenta i titolari di distributori stradali di gpl auto Distragas fanno oggi all’amministrazione comunale tramite un comunicato stampa. 

Il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) adottato recentemente prevede una riduzione entro il 2030 del 40% delle emissioni di gas provenienti dal traffico veicolare, proprio attraverso una riduzione del traffico auto e moto del 28%. «Non riusciamo quindi a comprendere come al tempo stesso si possa procedere ad aumentare la già ampia offerta di distributori di carburante con addirittura 7 nuove stazioni», si legge nel comunicato. 

«È stato inoltre evidenziato come gli operatori petroliferi internazionali e la stessa multinazionale del petrolio ENI ritengano che l’inefficienza della rete carburanti in Italia sia incapace di stimolare una crescita e un mercato redditizio proprio a causa di un sistema fortemente disorganico, dovuto al numero di punti vendita proporzionalmente doppio rispetto a quello degli altri Paesi in Europa», si legge ancora nel comunicato. 

Secondo le associazioni e la federazione già citate,non risulterebbe «credibile la motivazione dell’amministrazione comunale di Bologna nel sostenere il POC Carburanti come necessità di ammodernamento della rete carburanti, poiché tale attività prevedrebbe la ristrutturazione degli impianti già esistenti (con evidenti vantaggi di tipo sociale e ambientale) e non come necessità di immettere sette nuove aree, nelle quali, tra l’altro, si riscontrano forti criticità relative proprio al tema dell’ambiente e, in particolare, alla qualità dell’aria».

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