Ai bolognesi piace lavorare da casa, solo il 2,4% non è soddisfatto dello smart working

Secondo un’indagine oltre il 75% dei lavoratori del territorio bolognese ha un parere nettamente positivo della propria esperienza di smart working.

Al 75% dei lavoratori e delle lavoratrici attualmente che lavorano da casa per la pandemia piace il cosiddetto smart working, nonostante la sensazione di isolamento. Lo ha rivelato un’indagine promossa tra marzo e aprile scorsi dalla rete SmartBO, coordinata dal Comune di Bologna, in collaborazione con la società Variazioni. L’indagine ha avuto l’obiettivo di capire la percezione e l’impatto del lavoro da casa sul territorio bolognese attraverso interviste rivolte a a 3.382 persone che lavorano in 24 aziende del territorio bolognese e di queste oltre la metà è composta da donne, ha un’età tra i 45 e i 64 anni, è lavoratore dipendente (79%) e laureato (61%). Oltre il 75% degli intervistati esprime un parere nettamente positivo della propria esperienza di smart working, e solo una piccola percentuale (2,4%) si ritiene poco soddisfatta dell’esperienza di lavoro da remoto. Circa il 75% delle persone intervistate non aveva mai provato lo smart working prima dell’emergenza sanitaria. Ad oggi il lavoro da casa è ancora utilizzato in modalità ibrida, con una media di circa 3 giorni alla settimana in ufficio e 2 in smart working. 

L’indagine rileva un impatto molto positivo dello smart working non solo sulla produttività, ma anche sulle relazioni familiari e il tempo libero, favorendo un risparmio sul costo della vita. Il 55% delle persone ha dichiarato di riuscire a organizzare senza problemi le proprie giornate di lavoro riuscendo a distribuire equamente e a separare il tempo dedicato al lavoro da quello dedicato alla famiglia e alla cura di sé. 

Interessante, e in parte in controtendenza rispetto a altre indagini, è il dato sull’utilità dello smart working in caso di esigenze di conciliazione tra l’attività lavorativa e gli impegni familiari e personali (necessità dichiarata dal 52% degli intervistati). Le donne che hanno questa esigenza sono quasi il doppio degli uomini (il 63% contro il 37%) ma per entrambi, senza distinzione di genere, lo smart working ha avuto un’utilità e un’incidenza positiva (per l’85% delle donne e per l’83% degli uomini). L’unica dimensione che ha evidenziato criticità e difficoltà è stata la sensazione di isolamento e la mancanza di socializzazione.

Per quanto riguarda il territorio è da evidenziare un aspetto molto importante sulle abitudini di mobilità: all’aumentare della distanza dai centri urbani cresce l’utilizzo dei mezzi privati per gli spostamenti casa-lavoro: riguarda l’89% di chi vive in zona extraurbana o in una frazione e lavora in zona urbana e il 70% di chi vive e lavora in zona urbana. Da sottolineare che, anche dopo il lockdown, l’89% del campione non ha modificato le proprie abitudini in termini di mobilità, continuando a spostarsi con mezzi propri.

Per quanto riguarda l’organizzazione è da sottolineare il dato relativo alla fiducia: oltre il 54% valuta molto positivamente l’effetto del lavoro a distanza anche grazie alla fiducia dimostrata da colleghi e manager. Pensando alla fine dell’emergenza sanitaria, quasi il 60% ritiene di poter fare almeno il 75-100% del proprio lavoro in smart working, mentre il 24% afferma di poter svolgere in smart working la metà del proprio lavoro. E, potendo scegliere, la maggioranza vorrebbe lavorare in smart working 2 o 3 giorni alla settimana e chiederebbe all’azienda in cui lavora soprattutto flessibilità di scelta dei giorni della settimana in cui lavorare da remoto (42%).

 

fonte: Comune di Bologna

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