Un narratore che leggeva troppo, troppo velocemente e senza interpretazione. L’unico elemento che non mi ha fatto alzare dalla poltrona e andarmene è stata l’ospite, anche se le hanno fatto cantare solo 3 brani.

L’idea era buona perché vecchia, ma per riprendere idee di altri già trite e ritrite bisogna saperlo fare altrimenti meglio non farle. Il concerto- spettacolo “Afro american connection” andato in scena ieri sera al Teatro Manzoni in via De’ Monari a Bologna ne è stato l’esempio. Voler raccontare a parole la musica e la vita degli artisti, in questo caso di musica soul, intramezzando brani di grandi artisti, è un format ormai collaudato da anni da molte radio. L’idea di riprenderla in teatro con un’orchestra e con ospiti di un certo livello poteva essere buona, se il racconto, però, non fosse stato una lettura veloce, senza interpretazione, senza anima, come se si stesse leggendo Wikipedia alla pagina “musica soul”. Ma andiamo con ordine. 

Ieri è stata presentata la prima delle 3 serate di una rassegna al Teatro Auditorium Manzoni di Bologna sulla musica black. La prima serata è stata dedicata alla musica soul le cui più importanti canzoni sono state eseguite dalla formazione Brass Band, composta dai professori (tutti uomini) d’Orchestra del Teatro Comunale, in forma strumentale o con accompagnamento della cantante italo-senegalese Awa Fall. Bene, sull’esecuzione dei brani come Soul Man di Sam & Dave e dei Blues Brothers o Back to Black di Amy Winehouse o Respect di Aretha Franklin niente da dire. Chiudendo gli occhi sembrava di ascoltare un cd. Tuttavia, la musica soul richiede anima, non solo tecnica. E l’anima, da spettatore, mancava.

I brani erano intervallati da una lettura su un artista di musica soul o sulla storia del genere musicale. Questo punto è stato davvero imbarazzante. La lettura è stata affidata a Pierfrancesco Pacoda, presentato dalla pagina dell’Università di Bologna, come critico musicale, saggista e docente in un master di comunicazione degli eventi musicali. Il prof e giornalista del Resto del Carlino leggeva da seduto senza interpretazione la storia della musica soul come se un treno gli stesse correndo dietro. Così veloce che chi ascoltava era in difficoltà e si perdeva. Il fatto che Pacoda non distogliesse lo sguardo dal foglio e avesse le mani ferme sulle sue gambe ha dato l’impressione che il contenuto fosse a lui estraneo. Come un alunno che non conoscendo la materia legge dal libro cercando di non farsi scoprire dal professore. Come un giornalista televisivo che in un telegiornale non guarda mai in camera. 

E poi l’accento (soprattutto sulla z) distraeva l’ascoltatore che nel frattempo pensava ad altro. Per non parlare dei termini in lingua inglese pronunciati in forma maccheronica. Il pubblico, stanco di lui, per una volta ha cercato di bloccare la sua voce facendo partire un applauso nervoso. Parlava, o meglio leggeva, troppo. Quando, dopo minuti interminabili, finiva momentaneamente la sua lettura, ha presentato per ogni brano sia la band sia il direttore d’orchestra Michele Corcella. Ridondante.

L’unica cosa che, da spettatore, non mi ha fatto alzare dalla poltrona e andarmene è stata l’ospite della serata, l’artista italo-senegalese Awa Fall. Viene dalla musica reggae e dub e le note black le conosce. Intonata, elegante, nera. Peccato, però, che le hanno fatto cantare solo 3 canzoni e una quarta alla fine come bis era la stessa che aveva cantato poco prima. Poi, alla fine nemmeno un grazie o un saluto. Peccato, la timidezza. 

La seconda serata sarà sulla musica blues il 14 maggio. Fino a quella data c’è tempo per trovare un altro narratore. 

Condividi