«La zona è deputata all’agricoltura, non a ospitare aziende che si occupano di soluzioni per il mondo del credito». È  la critica che Legambiente ha scagliato ieri contro una variante in atto che porterà ulteriori 6000 metri quadri di nuovi edifici in un’area collinare e agricola a Castel San Pietro Terme, nel Bolognese. Si tratta di un ampliamento del resort di proprietà della azienda CRIF che ha già sottratto molte superfici destinate all’agricoltura nella zona con i lavori fatti negli ultimi anni. Legambiente interviene pubblicamente dopo aver inviato, un mese fa, una missiva al Comune, alla Regione e alla Città Metropolitana, purtroppo rimasta senza risposta.

Nel tempo l’amministrazione comunale ha promosso molte varianti richieste dalla CRIF, il cui risultato ha portato alla costruzione di circa 9100 metri quadri di superficie dell’albergo da sommare ai 2800 per gli uffici. Le superfici sottratte all’agricoltura sono più ampie se si considerano pertinenze, parcheggi e viabilità. Oggi la proposta è di un ulteriore incremento per usi recettivi di circa 1.000 metri quadri e di ulteriori 5.000 per uffici. L’ intervento è portato avanti anche attraverso il Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE), uno strumento che dovrebbe disciplinare solo interventi limitati. «Una procedura al limite della correttezza», secondo Legambiente.

I contenuti della variante,  inoltre, presentano un’ incompatibilità con la disciplina del Piano Territoriale del Coordinamento Provinciale. In particolare, i contenuti della modifica risulterebbero contrastanti anche con la normativa regionale che ammette la nuova costruzione in territorio rurale solo se legata all’attività agricola.

Di fatto la variante non solo consolida ed amplia un insediamento cresciuto con strumenti impropri, ma lo fa in un ambito rurale di particolare interesse paesaggistico. Inoltre, si può accedere alla struttura solo da un’unica strada che a stento garantisce il passaggio di due veicoli in opposto senso di marcia.

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