Inps incontra i “riders” A Bologna si presentano in pochi

Tra le centinaia di “riders” (fattorini in bicicletta o in motorino che consegnano a domicilio cibi caldi ordinati sulle piattaforme digitali) che lavorano per le strade di Bologna, si sono presentati in pochissimi all’incontro organizzato lo scorso 12 novembre dall’Inps (Istituto nazionale della previdenza sociale) di via Gramsci 6 per chiarire eventuali dubbi sui contributi, sulle tutele e sui contratti applicati dalle piattaforme digitali. Forse la comunicazione dell’Inps per questo incontro, organizzato lo stesso giorno e alla stessa ora anche nelle sedi di Milano, Torino, Roma e Firenze, non è stata troppo efficiente, almeno a Bologna. I “riders” si potevano contare sulle dita di due mani.

I sindacati non sono stati interpellati, almeno a quanto ha dichiarato Roberto Rinaldi della confederazione sindacale Uil Emilia-Romagna e Bologna: «A questo incontro dove l’Inps ha incontrato i “riders” per spiegare quali sono le forme contrattuali che a oggi vengono applicate noi non siamo stati convocati». Rinaldi ha, inoltre, insistito sul fatto che «le promesse fatte in campagna elettorale da qualche movimento o partito politico di stipulare un salario minimo per i fattorini, non sono state mantenute». Tuttavia, secondo la Uil Emilia-Romagna e Bologna, un salario minimo può essere solo un correttivo che, però, non deve scavalcare la stipula di un contratto collettivo nazionale. Proprio a Bologna lo scorso maggio è stata firmata la “Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali nel contesto urbano” sottoscritta tra il Comune di Bologna, la città Metropolitana e le organizzazioni sindacali. La Carta doveva rappresentare l’inizio della discussione sulle tutele lavorative per i “riders” a livello governativo. Visto che la situazione per i fattorini sembra ingarbugliata, la Uil di Bologna ha chiesto di riconvocare il tavolo di discussione interpellando, però, questa volta anche le piattaforme digitali, ovvero le aziende (spesso multinazionali) che offrono il lavoro ai “riders”.

Tornando all’incontro organizzato dall’Inps lo scorso 12 novembre, ai pochi “riders” presenti è stato consegnato un codice pin attraverso cui il lavoratore può accedere ai servizi sul sito dell’Istituto nazionale previdenziale in modo da poter richiedere dei servizi informativi e avere dettagli sulla propria posizione lavorativa.  Molto spesso la tipologia di contratto offerto ai fattorini dalla piattaforme digitali è quello di lavoro autonomo occasionale. Tipologia che, secondo l’Inps,« non sarebbe il tipo di contratto appropriato perché lascia vuote alcune previdenze».

All’incontro era presente anche Tommaso Falchi, “rider” iscritto al Riders Union Bologna, organizzazione sindacale nata un anno fa per tutelare i fattorini di Bologna. «Porteremo avanti le nostre rivendicazioni legate al nostro lavoro: chiediamo di avere dei contratti adeguati con un salario minimo che faccia riferimento ai contratti collettivi nazionali, con un’assicurazione che copra a 360 gradi, un monte ore garantito e I diritti sindacali che ci spettano».

«La tendenza delle piattaforme digitali, che sono i nostri datori di lavoro, è andare verso la paga a cottimo e noi la rifiutiamo in quanto sbagliata e anacronistica», ha detto invece Nicola, fattorino in bicicletta a Bologna da più di un anno. «Le piattaforme digitali con questo tipo di contratto che ci fanno firmare eludono i versamenti contributivi. Vogliamo essere riconosciuti come lavoratori», ha incalzato Nicola. Questo incontro organizzato dall’Inps forse dimostra che l’Istituto nazionale di previdenza sociale si sia accorta che i fattorini hanno bisogno di tutele e garanzie. «Gli unici che pare non se ne siano accorte sono le aziende delle piattaforme che continuano a eludere i contributi e a massacrare i nostri diritti», ha concluso il “rider”.

 

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