«La sensazione è quella che i giovani paghino un lungo periodo di “apprendistato” al lavoro, nel senso che il loro accesso a posizioni lavorative più gratificanti appare rallentato dai modelli organizzativi e culturali».
Sono i redditi delle donne e dei giovani ad essere maggiormente coinvolti dalla crisi. Lo dice un’indagine realizzata dal sindacato dei lavoratori Cisl e del Caf Serv.E.R. su un campione di 46.103 tra lavoratori e pensionati e di 25.078 lavoratori dipendenti nel territorio dell’area metropolitana bolognese. Per quanto riguarda le donne, le cause principali sono sostanzialmente due: l’orario di lavoro, le tipologie contrattuali più frequentemente “non permanenti” e le progressioni di carriera più lente. Le lavoratrici dipendenti a tempo determinato, ammontano nel 2019, a 35.280 nella provincia di Bologna, (22% delle donne lavoratrici dipendenti, contro il 18,3% degli uomini). Le donne assunte a tempo indeterminato sono 123.771 ovvero il 77% del totale delle donne dipendenti contro l’81% degli uomini. A ciò si affianca il dato delle minori retribuzioni. Le donne hanno infatti una retribuzione inferiore rispetto alla media pro capite totale del 21,88% che diventa -39,91% rispetto alla media pro capite totale maschile.
Se si sposta il focus sui giovani, appare evidente che, anche in questo caso, la causa principale sia l’utilizzo per i giovani di tipologie contrattuali più frequentemente “non permanenti”. Le percentuali di lavoratori giovani dipendenti sono infatti molto esigue, nel 2019, la fascia 25-29 anni ammonta all’11,4%, e la fascia 30-34 anni all’11,8%. Ma la sensazione è quella che i giovani paghino un lungo periodo di “apprendistato” al lavoro, non nel senso che siano massicciamente assunti con contratto di apprendistato, che resta purtroppo scarsamente utilizzato, ma nel senso che il loro accesso a posizioni lavorative più gratificanti appare rallentato dai modelli organizzativi e culturali poco inclini all’innovazione ed alla forte precarietà. Tendenze che trovano conferma allargando l’angolo di osservazione poiché il gap retributivo tra i 20-24 anni è pari al 44,8% in meno rispetto alla media reddituale complessiva mentre nella fascia 25-29 anni la differenza retributiva è pari al -32,51%.
Ma, in genere, non se la passano bene tutti i lavoratori dipendenti dell’area metropolitana visto che il loro reddito medio pro capite cresce di appena lo 1,97 dal 2019 rispetto al 2017. Numeri, quelli del campione Cisl, che trovano piena conferma nelle stime rese note dall’Inps, secondo cui il reddito pro capite medio dei lavoratori dipendenti è cresciuto nel 2019, rispetto al 2018, dello 0,6%, e rispetto al 2017 del 1,55%.
«Donne, giovani, sono le fasce che stanno pagando il prezzo più alto dalla crisi, come quanti (partite iva, somministrati) avevano o hanno rapporti di lavoro non stabili e spesso di scarsa qualità retributiva. Uno scenario destinato a peggiorare drasticamente per effetto dell’emergenza pandemica scoppiata nel 2020 e tuttora in corso, le cui ripercussioni, sia in termini economici sia sociali, inevitabilmente si protrarranno a lungo», dichiara Enrico Bassani, segretario generale Cisl Area metropolitana bolognese. Secondo Bassani, un ruolo di primo piano lo gioca la necessità di ampliare la contrattazione decentrata. La contrattazione di secondo livello, che secondo l’indagine Caf Cisl coinvolge nell’area metropolitana il 23,8% dei lavoratori dipendenti, dove presente porta infatti ad un risultato considerevole ovvero un importo pro capite del reddito lordo pari a 1.288,63 euro all’anno.
«Servono – prosegue il segretario – poi alleanze forti tra lavoratori, aziende, rispettive rappresentanze e istituzioni. E serve un piano di investimenti adeguato a una robusta politica industriale. I territori devono essere messi nella condizione di creare un maggior valore aggiunto dalle proprie vocazioni settoriali specifiche. Così come occorre la promozione di alleanze ‘larghe’ per la definizione di un progetto di welfare territoriale diffuso, compartecipato tra azioni pubbliche e private e efficacemente integrativo: welfare generativo, che possa anche rispondere alle esigenze di conciliazione dei tempi vita/lavoro, inserendosi in un più complessivo confronto per il riordino dei tempi delle città».
fonte: Cisl Area Metropolitana bolognese