Bologna non è più quella di qualche anno fa. Chi ci vive, chi l’ha attraversata, chi l’ha amata, non può non notarlo. Il centro storico – un tempo miscela viva di cultura, fermento, idee, università, musica e sperimentazione – oggi sembra un gigantesco un parco alimentare a cielo aperto: ovunque panini con la mortadella, taglieri standardizzati, locali-fotocopia buoni solo per una foto su Instagram, e ristoranti che sembrano progettati più per attrarre clienti occasionali che per rispettare l’identità gastronomica di una città. E, come sempre, a un certo tipo di offerta corrisponde un certo tipo di domanda: un turismo basso, mordi e fuggi, senza curiosità, senza rispetto, senza cultura.

Lo vedono tutti. Lo dicono sottovoce i bolognesi che evitano il centro nel fine settimana. Lo denunciano apertamente gli operatori culturali che domenica scorsa hanno manifestato contro la gestione disastrosa di musei e biblioteche da parte del Comune. E la responsabilità è politica. Matteo Lepore, oggi sindaco, ma prima ancora assessore alla cultura, sembra aver smarrito quella visione che lo aveva fatto emergere. La cultura, a Bologna, è stata relegata in un angolo, trattata come un peso e non come una risorsa. E la città, senza cultura, resta solo grassa. Non è più dotta. Un corpo senza intelletto.

A peggiorare il quadro, ci sono i cantieri infiniti per la costruzione del tram, che hanno squarciato strade e piazze, soffocando esercizi storici e rallentando ogni forma di vita urbana. Ma se anche i lavori si concludessero domani, resterebbe il problema più profondo: Bologna si è afflosciata. È diventata moscia. Ha perso ritmo, vitalità, anima.

Alcuni locali che fino a poco tempo fa animavano la città con eventi culturali e musicali sono stati chiusi o trasferiti in periferia – come il Mercato Sonato, simbolo di un’energia che oggi manca nel cuore della città. Al loro posto spuntano negozietti tutti uguali, specializzati nell’unica missione di servire il turista-tipo con la rosetta con la mortadella in mano e il bicchiere di vino industriale.

No, questa non è più Bologna. È una sua caricatura. Un souvenir mal riuscito. Bologna si è imbruttita perché ha smesso di pensare, di cercare, di osare. Ha venduto la propria anima col sorriso, ma adesso il sorriso è tirato, vuoto, stanco. Ed è ora che qualcuno lo dica ad alta voce.

immagine: Chat Gpt

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