Odio social contro 18enne morto in bicicletta, era pronipote di Romano Prodi

L’odio sui social è inarrestabile. Eppure la tragica morte di un ragazzo di appena 18 anni, investito mentre andava in bici sui colli bolognesi è una vicenda che dovrebbe toccare tutti nel profondo, creando un sentimento comune di cordoglio e lutto per una giovane vita appena stroncata e per i famigliari straziati. Così non è stato per Matteo Prodi, vittima non solo di un terribile incidente, ma adesso anche della cattiveria, dell’ignoranza o forse ancora più semplicemente della noia, di chi ha visto in un cognome l’opportunità di aggredire senza alcun nesso logico una famiglia come le altre che sta vivendo un dramma che meriterebbe soltanto rispetto e silenzio. «Mi dispiace immensamente ma se doveva venire come Prodi forse è stato un bene», scrive Arnaldo nei commenti sotto la notizia data da la Repubblica. Una frase che da sola basterebbe a far rabbrividire. La noncuranza del male, che purtroppo non si ferma qui. «Mi dispiace per il ragazzo ma come lui ogni giorno muoiono tante altre persone per colpa di imbecilli. Solo perché nipote di Prodi sarebbe una tragedia?», scrive, invece, Ivo. 

Più si scorrono i commenti più è difficile, anzi è impossibile capire il perché di tanta crudeltà gratuita. Un ragazzo giovanissimo, in procinto di fare la maturità, con una vita tutta da vivere non c’è più. Dovrebbe bastare questo a unire una comunità nel dolore, invece nell’era dei social non c’è spazio per pensare. Pensare e riflettere. L’umanità si perde in un click, ferire gli altri è diventato semplice, chiunque può farlo. Non servono più le armi, bastano tre parole buttate lì magari mentre si aspetta l’autobus per tornare a casa. Perché non c’è un motivo dietro tutto questo, non si può giustificare, non c’è una spiegazione razionale. Nessuno dovrebbe avere il diritto di dare la sua “opinione”, se così vogliamo chiamarla, su un fatto così grave senza nemmeno soffermarsi a riflettere sull’enormità di quanto si è detto. Le parole possono diventare macigni. Le parole hanno un peso. E se non si è in grado di misurarle, allora bisogna tacere. 

Condividi