Don Bosco e minacce all’assessore, così i politici le usano per passare dal torto alla ragione?

Le recenti minacce, che condanniamo, con scritte sui muri offensive rivolte all’assessore alle Infrastrutture del Comune di Bologna, Simone Borsari, da un lato sicuramente preoccupano, giustamente, l’amministrazione comunale, da un lato potrebbero darle un sospiro di sollievo. Fanno passare in secondo piano la violenza vista, raccontata e avvenuta più volte nel parco Don Bosco, in via della in via della Repubblica, ultimamente luogo “caldo” di proteste e manganellate della polizia. Giovedì scorso l’ultima violenza. I manifestanti protestavano in quanto contrari all’abbattimento di un filare di alberi per la costruzione di una nuova pista ciclabile. Distruggere la natura, per poi creare qualcosa a favore dell’ambiente, viene visto da molti -soprattutto giovani – come il paradosso di una politica cosiddetta del “greenwhasing”, ovvero un “ambientalismo di facciata” di certe amministrazioni. 

Tornando alle minacce all’assessore Borsari, queste potrebbero far passare i responsabili delle manganellate dalla parte della ragione. Tanto che adesso, la prefettura ha predisposto misure di tutela e di garanzia a Borsari, ma anche al sindaco di Bologna Matteo Lepore e alla vicesindaca Emily Clancy, che pare non abbiano fatto nulla di concreto per evitare le violenze tra manifestanti e polizia al parco Don Bosco.

Sembrerebbe che Lepore non abbia alcuna voglia di fermare i lavori, nemmeno per un confronto. Anzi pretende sicurezza per la sua amministrazione: «Sento il dovere di chiedere che siano anche protetti e tutelati, perché chi fa ogni giorno il proprio lavoro per la città non può vedere turbata la propria vita privata e familiare da un gruppo di violenti che sfruttano le giuste sensibilità ecologiste di tante persone in buona fede per fini politici di altra natura. Bologna ha sempre avuto gli anticorpi per arginare la violenza politica in modo democratico e lo farà ancora una volta», ha dichiarato il sindaco di Bologna

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