Coronavirus, famiglia di Valsamoggia confinata in casa a 20 giorni dall’ultimo tampone negativo

È successo alla famiglia Becciani confinata in casa dal 10 novembre in attesa di un certificato di guarigione dell’AUSL che sembra non arrivare mai.

Sono trascorsi venti giorni dall’esito negativo dell’ultimo tampone, ma ancora, per una famiglia di Valsamoggia, nel Bolognese, non c’è neanche l’ombra di un certificato di guarigione dal virus. È la storia della famiglia Becciani, composta da madre, padre e figlia sedicenne, che – come si legge sul Carlino di oggi – è confinata in casa dal 10 novembre, in attesa di una certificazione che ne attesti la guarigione e consenta di mettere fine a una quarantena ormai inutile.  

L’unica telefonata ricevuta dall’AUSL di Bologna, cui spetta la competenza di rilasciare il documento, risale ai primi di novembre, in cui la famiglia è stata messa in isolamento dopo il risultato positivo del tampone della figlia. Poi più nulla. I due genitori – fa sapere il Carlino – sono in malattia dal quel giorno, ma l’AUSL non ha mai più richiamato e sembra impossibile mettersi in contatto con qualcuno del personale: un giorno la madre ci avrebbe provato, senza grandi risultati, ben 54 volte.  

Lo stesso sindaco di Valsamoggia, Daniele Ruscigno, ha ammesso che la situazione ha del paradossale e purtroppo, il caso dei Becciani, non sarebbe neanche l’unico di questo tipo. Ammissione, riguardo il mancato funzionamento delle procedure in questo periodo di estrema emergenza, che aveva riguardato qualche giorno fa anche il comune di Bologna. Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, fa presente che lo stesso Ruscigno «è stato costretto ad ammettere che, solo nel suo Comune, esistono una ventina di situazioni simili. Quindi, è evidente che siamo di fronte a un sistema che non funziona e che presenta diverse carenze». 

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