«No all’annessione da parte di Israele dei territori palestinesi della Valle del Giordano, in Cisgiordania». È il secco rifiuto al piano di “legalizzazione” di 4000 case su terreni privati palestinesi (definito incostituzionale dalla stessa Corte Suprema di Israele) portato in piazza del Nettuno ieri pomeriggio a Bologna in concomitanza con molte città italiane in vista del 1° luglio, data in cui il governo israeliano intende procedere all’annessione di ampi territori della Cisgiordania. Contro la rinnovata minaccia al diritto all’autodeterminazione e al diritto al ritorno del popolo palestinese, i manifestanti scesi in piazza a Bologna, al grido di «Palestina libera», hanno chiesto – in un appello rivolto alle Istituzioni – di porre fine all’impunità del governo di Tel Aviv. All’iniziativa c’era anche Silvia Zamboni vicepresidente dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e consigliera regionale di Europa Verde che, lo scorso 16 giugno, ha presentato una mozione contro l’annessione israeliana in Assemblea.
Consigliera Zamboni, nella risoluzione che Lei ha presentato in Assemblea legislativa, ha citato i 70 parlamentari di diversi partiti che hanno preso posizione contro l’annessione. Ritiene che il governo stia seguendo e monitorando con efficacia la situazione?
«Nella risoluzione impegno la giunta regionale a sollecitare un intervento da parte del governo italiano perché va constatato che non sia arrivata una voce molto udibile su questo tema. Da qui la richiesta alla Giunta regionale di fare pressioni affinché il governo prenda una posizione dichiaratamente contraria all’annessione, un’annessione che lede il diritto internazionale. La risoluzione è stata protocollata e verrà discussa durante la prossima assemblea legislativa La Giunta regionale non ha fra le proprie competenze la politica estera, però naturalmente agisce in contatto con il governo. Il nostro presidente, Stefano Bonaccini, è il presidente anche della conferenza Stato-Regioni. Ma, al di là di questo, la Regione può agire sul governo e, tramite questo, sull’Unione Europea, anche se quest’ultima si è già espressa maniera molto chiara a riguardo, tramite l’Alto Rappresentate per la politica estera dell’UE, Josep Borrell».
Quindi, a livello internazionale, le reazioni non sono mancate.
«L’Onu si è espresso più volte su questo punto. In Inghilterra 130 parlamentari britannici hanno esortato il governo del Regno Unito ad adottare sanzioni qualora Israele dovesse seguire con il piano di annessione. Il ministro degli Esteri della Germania, Heiko Josef Maas, premettendo l’amicizia con Israele, ha espresso la grave preoccupazione per l’annessione di Israele in Cisgiordania. Finanche la sentenza della Corte Suprema di Israele, il 10 giugno ha definito incostituzionale la legge del 2017 voluta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di regolarizzazione, ossia di annessione di 4.000 residenze create da coloni israeliane su territorio privato palestinese. Questa è la dichiarazione più indicativa che quanto vuole fare Netanyahu è contrario al diritto internazionale. Il piano di annessione ha invece l’appoggio dell’amministrazione americana del presidente Donald Trump che lo scorso 28 gennaio ha lanciato il cosiddetto “piano di pace” che va incontro agli interessi di annessione israeliani, stigmatizzati dall’Onu e dall’UE. Programmi di questo genere non conciliano certo la convivenza fra i due popoli, la quale che può essere garantita solo da un piano concordato con l’appoggio di Istituzioni internazionali che diano una mano ad arrivare a conciliare i diritti di entrambi i popoli. Il piano di Trump è stato presentato insieme a Netanyahu senza coinvolgere i palestinesi, quindi di nuovo in violazione del diritto ad esprimersi dell’altro popolo che insiste su quelle regioni e che, se vogliamo, c’era già prima».
Quali strumenti immagina possano essere più opportuni al fine impedire che venga violato ancora il diritto internazionale?
«Molto aiuterebbe condizionare gli accordi commerciali ed economici che Israele ha con l’UE. L’Onu ha già approvato molte sanzioni, che però restano irrealizzate a causa del veto degli Stati Uniti quando poi si tratta di metterle in pratica. L’auspicio è che presto prevalga non solo il buon senso, ma il rispetto del diritto internazionale, basterebbe questo».
La manifestazione di ieri pro-Palestina è stata sostenuta da numerose anime del movimento associazionistico bolognese (AssoPace Palestina – Bologna, Donne in nero – Bologna, Punto Pace Bologna Paxchristi, Palestinesi di Bologna, Rete Corpi Civili di Pace, Coordinamento Campagna BDS Bologna, Universitari Contro L’Apartheid Israeliana – Bologna).
Foto: Alice Bondì