Fifty-fifty. Dei 75 ricercatori assunti a tempo indeterminato dall’Università di Bologna nel 2018, la metà sono donne, o quasi. La quota rosa è pari a 36 ricercatrici, 39, invece, sono ricercatori. Una parità di genere nelle assunzioni all’Alma Mater dovuta a un piano di reclutamento che «si rifletterà in futuro anche tra professoresse e professori», spiega l’Unibo. Nel giro di tre anni, le nuove ricercatrici e i nuovi ricercatori di “tipo B” diventeranno con ogni probabilità professoresse e professori associati, e, successivamente, potranno aspirare ad ottenere il ruolo di “ordinarie” ed “ordinari”.
«Le disuguaglianze di genere hanno un costo molto alto, che rallenta lo sviluppo e la positiva trasformazione della società all’interno della quale e per la quale siamo chiamati a lavorare. Anche per questo, siamo ben consapevoli che il reclutamento di oggi nell’Università può cambiare qualcosa del mondo che consegneremo alle future generazioni e molto della loro realtà professionale di domani», ha detto il rettore dell’Alma Mater Francesco Ubertini.
Secondo i dati riportati nell’ultima edizione del Bilancio di Genere dell’Università di Bologna, la fascia dei professori associati è quella più squilibrata nel genere tra le carriere universitarie. «I risultati del reclutamento dei ricercatori a tempi indeterminato nello scorso anno, che restituiscono una sostanziale equivalenza tra nuove ricercatrici e nuovi ricercatori, segnano allora un deciso passo in avanti nel percorso che porta verso la parità di genere tra i docenti Unibo», concludono dall’Università di Bologna.