A Bologna cresce l’attenzione verso la salute, ma rimangono ostacoli economici, emotivi e legati ai tempi d’attesa

Nonostante l’85% dei bolognesi ritenga fondamentale tenere sotto controllo la propria salute, solo poco più della metà si sottopone effettivamente a visite mediche e controlli di prevenzione con regolarità. È quanto emerge dall’ultima indagine dell’Osservatorio Sanità, realizzata da Nomisma per UniSalute. L’incoerenza tra convinzione e pratica è evidente: il 19% degli intervistati aspetta di avere piccoli disturbi prima di rivolgersi a uno specialista, mentre il 26% rinvia i controlli fino all’arrivo di una vera e propria patologia.

Tra gli esami più trascurati ci sono quelli cardiovascolari: circa un cittadino su sei non si è mai sottoposto a un elettrocardiogramma o a un controllo cardiologico. Situazione simile per la prevenzione dermatologica, con il 42% che non ha mai fatto una visita per i nei, e per le analisi del sangue, con il 10% che dichiara di non eseguirle da oltre tre anni.

A preoccupare è anche la scarsa attenzione alla salute femminile. A Bologna, il 35% delle donne non si reca dal ginecologo da almeno tre anni, e il 38% non effettua un Pap test da altrettanto tempo. Ancora più allarmante è il dato sull’ecografia al seno, mai eseguita dal 34% delle intervistate, nonostante sia raccomandata già in giovane età.

Quali sono i motivi di questa scarsa adesione alla prevenzione? Oltre a una mancata percezione del rischio – il 43% degli intervistati non ha fatto controlli nell’ultimo anno perché non avvertiva sintomi – incidono anche barriere economiche e organizzative. Il 20% segnala come ostacoli principali i costi elevati e i lunghi tempi di attesa. Ma c’è anche chi si lascia bloccare dalla paura: il 39% ammette di evitare i controlli per timore di ricevere una diagnosi negativa.

Tra coloro che invece si sono sottoposti a controlli recentemente, il 38% lo ha fatto per iniziativa personale, mentre il 30% è stato spinto dalla comparsa di sintomi. Il 65% si è rivolto al sistema sanitario pubblico, il 29% al privato, di cui il 14% usufruendo di convenzioni con il Servizio Sanitario Nazionale.

fonte e immagine: UniSalute

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