Il festival “NON SOLA MENTE – Follia, Teatro, Emancipazione” si è tenuto il 9 e 10 dicembre scorso nel teatro del centro sociale di via Casarini a Bologna.
Forse la pandemia ci ha fatto diventare matti, o forse ha solo evidenziato i problemi strutturali che già esistevano. La malattia mentale della pazzia è un derivato sociale già prima del Covid-19. Capirla, anziché escluderla è il suggerimento portato avanti dal collettivo politico culturale Labàscolta e da TPO nel festival “NON SOLA MENTE – Follia, Teatro, Emancipazione” tenuto il 9 e 10 dicembre scorso nel teatro del centro sociale di via Casarini a Bologna. Il festival si è aperto giovedì pomeriggio con un dibattito improntato sugli orizzonti della psichiatria odierna, a partire dalla Legge 180 (o Legge Basaglia) del 13 maggio 1978 sulla chiusura degli ospedali psichiatrici e la creazione di strutture d’integrazione sociale. Venerdì 10 dicembre, invece, il festival ha ospitato “La commedia della fine del mondo,” scritta da Giuliano Scabia. Questa rappresentazione teatrale nasce da un lavoro dell’Accademia della Follia, che si presenta sul suo sito come una compagnia teatrale di “matti di mestiere ed attori per vocazione.”
La presentatrice Cinzia Quintiliani ha aperto la serata leggendo un pezzo di Claudio Misculin, regista che fece nascere il primo gruppo teatrale nel 1976 proprio dentro le mura dell’ex-ospedale psichiatrico di Trieste, il cui direttore Franco Basaglia era stato uno dei promotori della Legge 180. Proprio nel teatro di Misculin il “matto” non è più malato, ma artista. Ed in quanto tale, non solo non viene escluso ma anzi si fa protagonista della scena. Solo quando si rompe l’illusione dell’essere a teatro, si capisce quanto in realtà questa “tremenda tragedia comica” esce dal palcoscenico e arriva a toccare veramente gli spettatori. La rappresentazione messa in scena dall’Accademia della Follia si è conclusa con gli attori che puntano il dito contro la platea: “La commedia della fine del mondo è terminata, ora inizia la commedia del mondo senza fine.”
Sono passati più di quarant’anni dall’abolizione dei manicomi fisici, ma la nostra consapevolezza riguardo ai disturbi mentali -soprattutto in un periodo come questo- deve aumentare. Già a luglio 2021 la Fondazione Umberto Veronesi aveva pubblicato un articolo sugli effetti a lungo termine della pandemia sulla salute mentale, e aveva segnalato la necessità di allargare l’accesso alle cure psicologiche. Forse è proprio in questa ottica che l’emendamento della Legge di Bilancio di questi giorni prevede lo stanziamento di 50 milioni di euro per facilitare l’accesso alle cure psicologiche in Italia, dato l’aumento esponenziale dei casi di ansia, depressione e disturbi relazionali.