Spazi urbani da vivere a Bologna, tra trasformazioni e attivismo culturale

“Le trasformazioni urbane tra memoria dei luoghi, attivismo culturale e nuove forme digitali”: è il nome di un seminario tenutosi ieri al Centro Internazionale di Studi Umanistici “Umberto Eco” a Bologna e che ha visto coinvolti l’Università, la Fondazione Innovazione Urbana (ex Comitato Urban Center) e l’agenzia per la trasformazione culturale “cheFare” di Milano. Punto centrale della discussione è stato l’utilizzo degli spazi culturali nel Bolognese e la loro gestione nel contesto locale. 

«Credo sia indispensabile che in una realtà come Bologna si lavori sugli spazi in punto di vista che si differenzia da quello della struttura e che include in sé le pratiche svolte. È impensabile concepire il senso di un luogo senza comprendervi le cose che si fanno al suo interno, che possono benissimo stravolgere quello che il senso previsto definisce per quello spazio», ha dichiarato la professoressa Maria Patrizia Violi, docente ordinario del dipartimento di Filosofia e Comunicazione e direttrice del Centro. 

Per la Fondazione Urbana è intervenuto Michele D‘Alena, coordinatore dell’Ufficio Immaginazione Civica, che ha parlato di LaboratorioSpazi, percorso nato per ridisegnare politiche e strumenti di affidamento e gestione di immobili di proprietà comunale. «Il Comune ha chiesto alla Fondazione di occuparsi di coinvolgimento e di ridefinire i processi di democrazie urbana»ha detto D‘Alena. «Da due anni ci stiamo occupando di LaboratorioSpazi, con i centri culturali XM24, Làbas, Arci, Acli e attualmente stiamo assegnando edifici tramite assemblee territoriali riconoscendo gruppi informali di cittadini. Abbiamo già assegnato degli edifici, tra cui uno in via Curiel, a quattro associazioni che si sono conosciute proprio in assemblea», ha concluso il coordinatore. Scelta non da poco se si considera, come ha confermato lo stesso D‘Alena, che si tratta di una procedura che nessuno sta facendo in Italia. 

Il focus si è spostato poi sulle zone distanti dal centro di Bologna come ,ad esempio, Corticella, Casteldebole, alla Pescarola, dove i redditi pro capiti sono bassi e dove non si aprono spazi pubblici da 20 anni. Zone spesso abbandonate dalle politiche pubbliche.  

Il seminario si è concluso con la critica, mossa da Valeria Verdolini, ricercatrice all’Università degli Studi di Milano e tra i fondatori di cheFaredell’assenza del diritto alla città: «Oggi è lui il grande assente: abbiamo un problema oggettivo che è quello del consumo del suolo, insieme all’impatto delle cementificazioni. Vogliamo più spazi ma gli spazi sono finiti o quantomeno devono essere riassegnati. Il bisogno di spazi e l’assegnazione di questi non si incontrano facilmente e la dimensione dei conflitti determinati dalle diseguaglianze non può star fuori dalla discussione». 

 

Foto: dalla pagina Facebook Labas

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