Il diritto allo studio previsto dalla Costituzione non sempre è garantito, specie per i detenuti in carcere. Ma a Bologna c’è “Liberi di studiare”, un’associazione che si occupa di tutelarlo grazie all’aiuto di studenti e volontari.
«Le relazioni con le persone che vengono da fuori sono molto importanti per me, mi fanno star bene. Si vivono momenti eccezionali e si provano sentimenti ed emozioni che qui soltanto di rado si provano». È il commento di un detenuto del carcere di Bologna riguardo all’attività di volontariato che svolge l’associazione “Liberi di studiare”, nata nel 2019 all’interno del PUP (Polo Universitario Penitenziario) con l’obiettivo di aiutare i detenuti iscritti a corsi di laurea dell’Università di Bologna. «Il valore che seguiamo è il diritto allo studio, riconosciuto dalla Costituzione che deve essere assoluto e per tutti, anche per chi si trova in una condizione di detenzione», afferma la presidente dell’associazione Margherita Tacchetti.
Le difficoltà maggiori per far valere il diritto allo studio ai detenuti sono perlopiù burocratiche: i volontari dell’associazione entrano nell’istituto penitenziario grazie ad un’autorizzazione rilasciata dal magistrato di sorveglianza che prevede tempi piuttosto lunghi (dai 2 ai 6 mesi circa) e ritardi che ne provocano una riduzione e dunque una difficile gestione dei detenuti da seguire.
Un’altra difficoltà arriva dal tempo della pena. Quando questa è relativamente corta, generalmente di 5/6 anni, la possibilità di iniziare l’università diventa più difficile», dice Daniele Bartali, studente di Giurisprudenza e volontario dell’associazione. Una terza difficoltà è, invece, trovare un istituto penitenziario che offra proprio la possibilità di intraprendere un percorso universitario. A Bologna, però, c’è il PUP, una delle poche realtà a garantirlo, grazie ad associazioni e volontari. In altre piccole città, invece, questa possibilità non c’è e i detenuti devono essere trasferiti per avere il diritto allo studio.
I componenti di “Liberi di studiare” parlano anche del rapporto che si instaura tra volontario e carcerato: «Ho conosciuto un ragazzo detenuto al carcere Dozza di Bologna ormai tre anni fa e la nostra apertura al dialogo e una certa compatibilità a livello personale hanno fatto in modo si creasse un rapporto di amicizia a prescindere da tutto. Queste sono cose molto belle, che fuoriescono dall’attività dell’associazione e che permettono di aiutare anche in un altro modo, non solo tramite gli esami», dichiara Bartali.
«Il tempo che trascorro con il volontario è per me un momento di libertà ed evasione dal contesto in cui mi trovo. I volontari con la loro presenza riescono a cambiare l’atmosfera triste che è tipica di questi luoghi. Portano un’energia positiva che riesce ad alleviare ai detenuti la loro sofferenza. L’importanza del volontario in carcere è fondamentale perché accompagnano il detenuto durante il percorso rieducativo facendogli notare che esistono altre prospettive di vita», afferma uno dei detenuti seguito da “Liberi di studiare”.